Fiat–Chrysler: accordo raggiunto

Francesco Giorgi
30 Aprile 2009
Fiat–Chrysler: accordo raggiunto

L’accordo Fiat-Chrysler è realtà: Fiat arriva a Detroit col 20% del capitale, mentre Chrysler verrà rinnovata con la procedura del Chapter 11

L’accordo Fiat-Chrysler è realtà: Fiat arriva a Detroit col 20% del capitale, mentre Chrysler verrà rinnovata con la procedura del Chapter 11

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Alla fine del mezzogiorno di fuoco, la decisione arrivò. La Chrysler, da oggi, si trova in “bancarotta pilotata”, il “Chapter 11” che indica lo stato di crisi di un’azienda che viene aiutata dallo Stato a risalire la china, ma solo per un periodo limitato di tempo.

In altre parole, il grande Gruppo di Detroit ha gettato la spugna. Per i 35mila lavoratori della Chrysler, l’unica cosa da sperare sarà che il ridimensionamento dell’attività (un atto necessario, per permettere allo Stato di intervenire in maniera più snella) non sia troppo gravoso, anche se nelle intenzioni dettate da Bob Nardelli, Sergio Marchionne e ribadite da Barack Obama nel suo discorso di mezzogiorno non sarà così.

Nel dettaglio, la “bancarotta pilotata” sarà effettuata attraverso un procedimento di cessione “accelerata” di tutti i beni della Chrysler in una New Company in base all’ordinamento giuridico degli Stati Uniti. A fronte di questo, la Chrysler chiederà al Tribunale Fallimentare di New York l’approvazione della vendita delle attività aziendali alla NewCo. 

Se il Tribunale accoglierà la richiesta, le parti dovranno completare l’operazione nel più breve tempo possibile. L’aiuto governativo, in questo caso, sarà aiutato dalla firma sottoscritta fra Sergio Marchionne, per la Fiat, e Bob Nardelli, per la Chrysler, con la quale il Gruppo torinese entra in partnership con la Chrysler attraverso l’acquisizione di un 20 per cento iniziale del capitale azionario.

Fiat e Chrysler, per il mondo automobilistico, nel futuro (immediato futuro) saranno una cosa sola. Auburn Hills, il sobborgo di Detroit nel quale si trova il quartier generale della Chrysler, adesso è collegata a filo diretto con Torino. Mancava solo la firma tra i due Amministratori Delegati, che è finalmente arrivata dopo oltre un mese di attività intensissima.

E, se per l’Italia dell’auto oggi può considerarsi una data da ricordare, per gli USA a motore si può dire altrettanto, ma in termini un pelo differenti. E sì, perché se la Fiat, nell’operazione-Chrysler (durata parecchie settimane e, di fatto, arrivata al risultato di oggi sul filo di lana) ne esce vincitrice, la Casa americana, che vanta una tradizione motoristica equiparabile a quella della Fiat, allo stato attuale è più simile a un ronzino che arranca alle spalle del destriero.

Ora che la Fiat detiene il 20 per cento delle quote della Chrysler, in cambio del conferimento di tecnologie e know-how, quale la realizzazione negli USA della 500 e di una berlina media sviluppata sul pianale e sulla meccanica della Bravo ma con carrozzeria Chrysler, non acquisirà le sue quote direttamente dalla società, ma comprando dal “fallimento” della Casa di Detroit.

L’accordo

A tutto questo, ovvero al salvataggio della Chrysler, mancava solo la firma dei creditori alla ristrutturazione del debito di 6,9 miliardi di dollari che la Casa ha accumulato. A loro (ai creditori, cioè, che annoverano le quattro principali banche creditrici JP Morgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley) erano stati offerti 2,5 miliardi di dollari, a fronte di un loro “via libera” all’azzeramento del debito Chrysler.

Di fronte a questo scenario, la Fiat si è trovata con le carte in regola per ratificare il suo accordo, che la vedrà, di fatto, titolare di una quota di partenza del 20 per cento delle quote della Chrysler.

E qui, si può dire che il Gruppo torinese abbia fatto un affare: dallo stato di “bancarotta pilotata” nel quale si trova la Chrysler, le quote di capitale acquisite dalla Fiat verranno comprate dal fallimento. Un affare, appunto.

La strada verso il 51%

Successivamente, la Fiat potrà incrementare la presenza del proprio marchio nella Chrysler fino al 15 per cento, mediante il raggiungimento di alcuni obiettivi, ciascuno dei quali permetterà al Gruppo torinese di “acquisire punti”.

In particolare, la quota aumenterà di 5 punti percentuali con la realizzazione di una vettura da 15 km/l che verrebbe prodotta negli USA. Un ulteriore incremento di 5 punti sarà possibile con la fornitura di una gamma di motori a basso consumo e basse emissioni da produrre negli stabilimenti Chrysler degli Stati Uniti. E, in terza battuta, la possibilità per la Chrysler di accedere alla vasta rete commerciale Fiat per avere più sbocchi all’esportazione.

In più, l’accordo prevede una ulteriore opzione di acquistare un ulteriore 16 per cento per arrivare alla maggioranza (esercitabile dal 1 Gennaio 2013 al 30 Giugno 2016), il cui controvalore sarà determinato a seguito della valutazione degli standard di mercato. Però Fiat non potrà ambire ad ottenere la maggioranza del capitale azionario Chrysler fino a quando i prestiti del Governo non saranno stati ripianati al 100 per cento.

Il 55% va al sindacato

Va detto che un grande aiuto, in questo caso, è arrivato da parte dei potenti Sindacati USA e canadesi, i quali, fra domenica notte e questa mattina, con la sigla dell’accordo sulle riduzioni di produzione in cambio della concessione del 55 per cento dei capitali della Chrysler, ai fondi pensione per i lavoratori della Chrysler hanno dato una mano a far sì che la Chrysler non sprofondasse del tutto e che la Fiat si facesse avanti con più facilità; migliorando, dunque, l’immediato futuro per la Casa americana.

E un ulteriore passo verso gli accordi era arrivato dall’uscita definitiva della Daimler, che dal 2007 deteneva il 20 per cento delle quote della Chrysler. Il restante 10 per cento viene, di fatto, diviso fra il Governo degli Stati Uniti e quello del Canada.

La nuova Chrysler sarà dunque gestita da un Consiglio di Amministrazione composto da nove membri: tre amministratori nominati da Fiat, uno dei quali dovrà soddisfare i criteri di indipendenza stabiliti dal regolamento del New York Stock Exchange. Sindacati e Governo canadese avranno il diritto di nominare un amministratore ciascuno. Inizialmente, il Dipartimento del Tesoro statunitense avrà il diritto di nominare quattro amministratori (tre dei quali indipendenti).

Le dichiarazioni “a caldo”

“Questa alleanza sarà vitale per la Chrysler: trasformerà l’azienda in una realtà più moderna e più ricca di vantaggi strategici”, sono le prime parole pronunciate da Bob Nardelli, presidente e Amministratore Delegato della Chrysler, che dopo la firma dell’accordo ha annunciato le sue dimissioni dall’incarico che lo ha visto numero uno della Casa americana per due anni e mezzo. L’alleanza, ha detto Nardelli“permetterà all’azienda di seguire al meglio i nostri clienti e fornitori con una gamma di veicoli più vasta, più competitiva e al passo con i tempi, che vogliono auto che consumano ed inquinano poco”.

Come era logico aspettarsi, una buona parte delle attività di produzione saranno stoppate, a partire da lunedì prossimo. Lo “stato di calma” terminerà una volta che le transazioni saranno completate (fra i 30 e i 60 giorni). “Ma l’attività riprenderà al meglio – sottolinea Nardelli – Voglio che sia chiaro che lo dobbiamo a quanti hanno creduto in noi e hanno lavorato duramente per tanto tempo”.

Per Sergio Marchionne, l’operazione Fiat-Chrysler “rappresenta una soluzione costruttiva e importante ai problemi che da alcuni anni affliggono non solo la Chrysler, ma l’intera industria automobilistica mondiale”.

L’obiettivo, spiega Marchionne, era “valorizzare i punti forti di entrambe le aziende per ottenere i volumi, le efficienze e i risparmi necessari per creare due costruttori più forti, in grado di competere a livello globale. E questa operazione è un passo importante verso il raggiungimento di questo traguardo. Il lavoro con la Chrysler è appena iniziato. Adesso dobbiamo lavorare insieme per valorizzare l’enorme potenziale di questa alleanza e per introdurre nuovamente, sul mercato nord americano, alcuni dei nostri Marchi più famosi, inclusa l’Alfa Romeo e la 500”.

Il discorso di Obama

“Sono lieto di annunciare che oggi è stato siglato l’accordo fra la Chrysler e la Fiat”. Non servono fronzoli, si punta al dunque. E con queste parole, il Presidente USA Barack Obama, nella sua conferenza stampa di mezzogiorno, ha annunciato l’avvenuta partnership fra i due Gruppi.

Il discorso di Obama è stato improntato alla soddisfazione, per la Chrysler, di avere raggiunto una partnership con la Fiat, che “ha dimostrato di essere in grado di costruire auto piccole, solide, che consumano poco e inquinano poco. Le auto del futuro, che costituiscono l’unica possibilità di salvezza per la Chrysler”.

Quanto al Marchio americano, che è stato definito “un’icona dell’industria automobilistica americana, che nel XX secolo è stata un pilastro; solo che questo pilastro si è indebolito”, per sanarlo “serviranno l’intervento del Governo degli Stati Uniti, la Fiat e una bancarotta”

Le parole del Presidente USA, che ha preso la parola al Congresso degli Stati Uniti a mezzogiorno in punto (alle 18 ora italiana), hanno confermato ciò che era già stato anticipato ieri sera, alla conferenza stampa per i primi 100 giorni del suo mandato, a proposito del futuro dell’industria nord americana, nella quale il comparto dell’auto gioca un ruolo di primo piano: “Non ha senso che il Governo degli Stati Uniti proceda a lungo nel controllo di quote di capitale di Case automobilistiche e di banche”, aveva detto.

Ed ecco spiegato, in estrema sintesi, il concetto di “bancarotta pilotata” sotto la quale si troverà la Chrysler per qualche tempo: dai 30 ai 45 giorni al massimo, secondo voci vicine sia agli ambienti di Detroit che alla Casa Bianca. Più o meno, quando scadrà il tempo dato alla General Motors per presentare al Governo e ai creditori un suo piano di salvataggio (altrimenti anche la GM farà la stessa fine della Chrysler).

Come sarà il futuro

Fatto l’accordo, non resta che intavolare una strategia comune, per sbloccare -subito- nuovi finanziamenti pubblici (non dimentichiamo che lo Stato federale americano, adesso, detiene il 10 per cento del capitale azionario della Chrysler). E per rilanciare, nell’immediato futuro, l’attività industriale del Gruppo di Detroit.

Viene da sé pensare che la Fiat si muoverà principalmente su questo fronte. E, senza essere indovini, sarà facile supporre che la guida della Fiat non sarà negativa come lo è stato, in buona sostanza, il controllo operato dalla Daimler dal 1998 al 2007.

Al di là dell’eventuale trasferimento di Sergio Marchionne da Torino a Detroit, l’alleanza si può fondare su una complementarietà produttiva, con la Chrysler specializzata in veicoli di grandi dimensioni e la Fiat che, dal canto suo, trova nelle vetture di classe medio-bassa dai bassi consumi e dalle basse emissioni, il proprio cavallo di battaglia. Staremo a vedere.

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