Trump contro Bmw: maxi tassa se non produrrà negli Usa

Francesco Giorgi
16 Gennaio 2017
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Trump contro Bmw: maxi tassa se non produrrà negli Usa

Il 45° presidente degli Stati Uniti “invita” Bmw a costruire vetture negli Usa anziché in Messico: pena un dazio di importazione pari al 35%.

Il 45° presidente degli Stati Uniti “invita” Bmw a costruire vetture negli Usa anziché in Messico: pena un dazio di importazione pari al 35%.

Il neopresidente Usa Donald Trump mette Bmw nel proprio mirino. In queste ore, una nuova tegola cade su uno dei big player automotive – nello specifico, appunto, il marchio bavarese, che dal 1992 possiede negli Usa una propria linea di assemblaggio vetture a Spartanburg (South Carolina), da dove viene prodotta la lineup X3, X4, X5 e X6 -, con una dichiarazione che farà discutere il settore dell’auto oltreoceano: una “supertassa” del 35% destinata a gravare sulle autovetture che Bmw produrrà nel nuovo stabilimento messicano in programma a San Luis Potosi, destinato alla produzione di Bmw Serie 3 di prossima generazione.

La notizia fa in queste ore il giro del Web: Donald Trump avrebbe avanzato questa indicazione ai taccuini del quotidiano tedesco Bild, una intervista (riportata da Bloomberg) che segue in linea retta le precedenti dichiarazioni dei giorni scorsi sulla visione “tutta Usa” dell’eletto presidente Trump in merito a nuove politiche industriali per il comparto auto.

Nei primi giorni del 2017 aveva tenuto banco, nelle cronache di oltreoceano (e, di riflesso, di tutta l’opinione mondiale) una minaccia di “rappresaglie economiche” nei confronti di Toyota: affidando il proprio pensiero a un “lancio” Tweet, il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America aveva scritto che se Toyota portasse avanti il proprio progetto di realizzare una nuova linea di montaggio in Messico (nello specifico: a Baja) a discapito degli Usa, pagherebbe “Tasse doganali molto alte”. Un pugno di ferro tenuto anche nei confronti di General Motors, (sempre attraverso Twitter, Trump aveva criticato la decisione GM di costruire autovetture in Messico anziché negli Stati Uniti); e nei confronti di Ford, che dopo minacce analoghe aveva cambiato i propri progetti industriali dirottando nelle linee di montaggio di Flat Rock (Michigan) i fondi – 1 miliardo e 600 milioni di dollari – originariamente destinati a San Luis Potosi.

La politica dichiaratamente protezionistica per l’industria Usa messa in atto dal neo – eletto presidente Donald Trump aggiunge, ora, un nuovo tassello: senza mezzi termini, Trump va all’assalto di Bmw. D’altro canto, il ruolo del costruttore bavarese nel comparto automotive “a stelle e strisce” è tutt’altro che marginale: oltre alla produzione Suv, il Gruppo di Monaco di Baviera si divide con Audi e Mercedes la leadership nel prolifico segmento “luxury” negli Stati Uniti.

Con la minaccia di nuove supertasse nei confronti di Bmw se dovesse esportare verso gli Usa la produzione messicana della futura Serie 3, è chiara la volotà di protezione nei confronti di marchi storici per il segmento “alto di gamma”, quali – soltanto per citare due esempi – Lincoln e Cadillac, per lungo tempo simbolo del lusso automotive oltreoceano.

Occorre aggiungere che la nuova “minaccia” da parte di Donald Trump farebbe nascere un problema non da poco per Bmw (che dall’investimento per un miliardo di dollari in Messico, che offrirà 1.500 nuovi posti di lavoro entro il 2024, ha ottenuto più di 200 milioni di dollari di incentivo e l’abbuono fiscale per dieci anni): a differenza di Ford, i cui vertici si sono “limitati” a dirottare i fondi per nuove linee di montaggio dal Messico al Michigan, le operazioni di realizzazione del nuovo impianto Bmw di San Luis Potosi sono già iniziati. Nello specifico, è stato avviato un programma di nuove assunzioni, in previsione del “via” produttivo per la nuova Serie 3, fissato per il 2018.

Lo stesso Trump, dal canto suo, fa sapere di essere favorevole al libero scambio (va ricordato che fra Usa, Messico e Canada è dal 1994 in vigore il trattato Nafta – North American Free Trade Agreement – di libero scambio), ma non “a tutti i costi”. Da Monaco di Baviera, la dirigenza Bmw risponde di essere “Di casa negli Usa”, chiamando a testimoni i 70.000 dipendenti oltreoceano.

 

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