Woven City: al CES 2020 la città futura di Toyota

Francesco Giorgi
07 Gennaio 2020
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Toyota Woven City

Intelligenza artificiale, mobilità, robotica, scienze dei materiali ed energie sostenibili: l’approccio del colosso giapponese ad un nuovo modo di vivere.

L’essere umano è, da millenni, impegnato nello sviluppo della “Città ideale”. Un concetto metaforico e metafisico, nel quale l’utopia di unire l’umanità ne rappresenta la base. Dalla Torre di Babele agli esempi della Città rinascimentale in cui si affermava la centralità dell’uomo rendendo funzionale a quest’ultima l’assetto urbanistico, fino alle più recenti Auroville (India) e Arcosanti (Stati Uniti d’America) e Brasilia, edificata fra il 1956 ed il 1960 tenendo ben presente l’influenza del traffico veicolare sull’impronta del territorio urbano. Per la prima volta, la progettazione di una città possiede un “big player” del comparto automotive in qualità di ideatore. Si tratta di Toyota, che al CES 2020 – rassegna di Las Vegas che, in questi giorni e fino a venerdì 10 gennaio punta sulla principale città del Nevada i riflettori del comparto mondiale hi-tech e dell’auto, un connubio sempre più marcato – espone l’idea di “Woven City”: una città che, come messo in evidenza dall’amministratore delegato del colosso giapponese, Akio Toyoda, costituisca un mega-laboratorio vivente (e dunque potenzialmente destinato ad una continua evoluzione) nel quale mettere a punto programmi di studio in materia di connettività, robotica, guida autonoma, mobilità privata ed abitazioni “intelligenti”. Il tutto, spiega Toyoda, finalizzato ad un layout che sia quanto più vicino alle reali condizioni di realizzazione e di impiego dei relativi sistemi hi-tech.

Niente novità “su ruote”, Toyota punta ai servizi alla mobilità

Chi si fosse aspettato l’esposizione di nuovi modelli da parte di Toyota, è possibile che sia rimasto “deluso”. Tuttavia, che il Consumer Electronics Show rappresenti da tempo un palcoscenico privilegiato per annunci ed esposizioni di soluzioni up-to-date dedicate alla mobilità, è un fatto ormai assodato. Era dunque facile ipotizzare che Toyota avesse in serbo “qualcosa di più”; e questo “qualcosa” è, nientemeno, che una città. Del resto, è proprio attraverso lo studio di sempre nuove tecnologie che i “giganti” dell’industria – e dell’auto in particolare – manifestano rispettive intenzioni di evolvere la personale immagine da “semplici” Case costruttrici a più ampi fornitori di servizi.

“Woven City” per l’interconnessione tra funzioni hi-tech

Innanzitutto, la collocazione geografica: “Woven City”, comunica Akio Toyoda, è stata ideata per essere edificata nei pressi del Monte Fuji, luogo-simbolo per eccellenza del Giappone, tanto dal punto di vista paesaggistico-orografico (la vetta si staglia a 3.776 m di altezza, è innevata per gran parte dell’anno) quanto culturale (all’interno del suo complesso, racchiude ben 25 aree di interesse culturale tutelate dall’UNESCO; ed è, al pari dei monti Tate e Haku, una delle tre Montagne sacre per la religione shintoista). In questa nuova città hi-tech, la cui prima pietra verrà posta nel 2021 e che, in una prima fase, ospiterà circa 2.000 persone (in gran parte, ed inizialmente, dipendenti Toyota) chiamate ad intraprendere un ruolo pionieristico nei modi di vivere la “urban experience” quotidiana, appare sintomatico del progetto il nome scelto per il futuro (e futuribile) insediamento: “Woven City”, appunto; la cui traduzione del termine significa “intrecciato”: e ciò indica chiaramente tanto le origini industriali Toyota – alla fine del 19esimo secolo nacque come azienda specializzata nella produzione di telai tessili – quanto la ramificazione dei vari ambiti urbani riguardo alle specifiche funzioni.

Case di legno, pannelli solari, idrogeno

Su una superficie di 71 ettari, cioè 710.000 metri quadri, conviveranno soluzioni abitative ecosostenibili – abitazioni in legno, e che saranno alimentate mediante pannelli solari -, modalità di approvvigionamento energetico fornito dall’idrogeno, e – prosegue nella presentazione l’architetto danese Bjarke Ingels, celebre per avere, fra l’altro, progettato il nuovo World Trade Center di New York e, più di recente, la nuova sede di Google -, “Tre livelli finalizzati alla mobilità: uno che sarà dedicato esclusivamente ai pedoni, uno intermedio rivolto alla micromobilità elettrica, ed un terzo che riguarderà la circolazione dei veicoli commerciali”, che verteranno soprattutto su e-Palette, ovvero il veicolo “zero emission” ed a guida autonoma che fa dei servizi di mobilità in continua evoluzione il proprio substrato sul quale evolversi, e che venne annunciato al CES di Las Vegas 2018.

“Tutti dobbiamo operare per migliorare la vita del prossimo”

L’idea di “Woven City” è, quindi, improntata ad una definizione umanistica della tecnologia: laddove gli strumenti “new gen” (nello specifico, e come si accennava in apertura, progetti di mobilità privata, sviluppi in materia di guida autonoma, evoluzione nel campo della robotica e case “smart”, un ruolo sempre più centrale da parte della ecosostenibilità) consentono una sempre più ampia interdipendenza fra varie funzioni, interviene l’attenzione del singolo nei confronti della collettività: “Vorremmo – prosegue il numero uno di Toyota – che l’idea di partire da zero per realizzare una città-laboratorio utile allo studio delle tecnologie del domani potesse incontrare nuove figure di supporto: da una parte, è chiaro che non sarà possibile accollarci da soli l’intera realizzazione pratica dunque invito chiunque abbia intenzione di diventare nostro partner a sviluppare le proprie idee nel nuovo ‘incubatore’; dall’altra, penso che qualsiasi azienda, e le realtà industriali come la nostra in special modo, debbano operare per contribuire al miglioramento della qualità della vita di tutti. ‘Woven City’ è, quindi, un nostro personale apporto alla società”.

Toyota e-Palette per Tokyo 2020

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