Pikes Peak 2018: il trionfo di Volkswagen e della nuova mobilità elettrica

Francesco Giorgi
25 Giugno 2018
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Con il prototipo 100% “zero emission” I.D. R, il colosso di Wolfsburg iscrive il proprio nome nella cronoscalata più famosa del mondo. Un successo che va letto anche in chiave di sviluppo della lineup I.D.

Quanto vale l’ingresso nella leggenda? In chiave agonistica, sono sufficienti 16 secondi: un “niente” nella vita di tutti i giorni; un’eternità se tradotti nei “crono” del motorsport. A tanto ammonta il divario fra il precedente detentore del record alla Pikes Peak, Sébastien Loeb (vincitore alla “Race to the Clouds” nel 2013 con la Peugeot 208 T16) e il nuovo “re” della Pikes Peak, ovvero il francese Romain Dumas, che oltre ad avere “polverizzato” il primato del connazionale, ha regalato a Volkswagen – ed alla Divisione VW Motorsport guidata da Sven Smeets – la prima vittoria assoluta alla cronoscalata del Colorado, ottenuta con il prototipo 100% elettrico I.D. R spinto da due unità “zero emission” (una collegata all’avantreno, l’altra al retrotreno) da 680 CV complessivi ed una tecnologia di ricarica alle batterie che, in ossequio al regolamento di gara, presupponeva un “pieno” da completarsi in meno di 20 minuti per garantire al veicolo il quantitativo di energia necessario a completare i 19,99 km ed il dislivello di 1.440 m fra il punto di partenza a 2.860 m, e l’arrivo, collocato a 4.300 m sulla sommità del massiccio montuoso lungo il quale si snoda la Pikes Peak.

Il successo del colosso di Wolfsburg alla Pikes Peak 2018 dà il “la” a più di una chiave di lettura: in senso prettamente sportivo, rappresenta il coronamento ad un intenso lavoro di sviluppo portato avanti in otto mesi – da quando, cioè, vennero resi noti i primi dettagli del prototipo a zero emissioni che avrebbe poi preso parte alla Pikes Peak 2018 -; su un piano industriale, i vertici Volkswagen non hanno mai fatto mistero che l’immagine complessiva di I.D. R Pikes Peak sarebbe servita quale “antipasto” all’identità della nuova produzione elettrica per Wolfsburg, ovvero la prossima gamma 100% “zero emission” attesa a partire dal 2020 (la “compatta” Volkswagen I.D., il minibus I.D. Buzz che recentemente è stato dichiarato “erede concettuale” del Maggiolino, il SUV I.D. Crozz e la berlina di alta gamma I.D. Vizzion esposta al Salone di Ginevra 2018). Dal punto di vista”agonistico puro”, la parola va al responso dei cronometri: Romain Dumas – specialista di ruote coperte, vincitore in tre edizioni della “Race to the Clouds”: 2014, 2016 e 2017; e due volte trionfatore alla 24 Ore di Le Mans: nel 2010 e nel 2016 –  ha “staccato” un tempo di 7’57”148, come detto 16” più rapido di Loeb e ben 1 minuto inferiore al record di Rhys Millen fra i prototipi elettrici, raggiunto nel 2016. Dal punto di vista dell’immagine, l’impresa Volkswagen può essere vista come una “risposta” allo scandalo Dieselgate, “esploso” al principio dell’autunno 2015 e che da allora viene individuato come evento-spartiacque verso la realizzazione di una nuova famiglia di veicoli elettrici.

Letta in un’ottica di parallelismo storico a più ampio raggio, la vittoria Volkswagen alla Pikes Peak 2018 assume altresì il “colore della vendetta” (ovviamente, in senso agonistico): la memoria degli appassionati con qualche capello grigio va, in questo caso, alla Golf MkII bimotore che, giusto trent’anni fa e con al volante il “driver di casa” Jocki Kleint (il pilota di Amburgo, campione europeo Rally 1979 su Opel Ascona 2.0 SR gruppo 2, costruì una lunga parte della propria carriera sotto le insegne del colosso di Wolfsburg), aveva tentato il grande attack alla “Race to the Clouds”. La Golf che prese parte alla Pikes Peak 1987 venne, infatti, equipaggiata con due unità motrici (il classico 1.8 iniezione a 16 valvole già “cuore” di VW Golf GTI in configurazione di serie), collocate rispettivamente all’anteriore ed al posteriore, ed arricchite con un turbocompressore KKK per ciascun motore. Il “mostro” bimotore sviluppava una potenza massima di 650 kg; favorevolissimo il rapporto peso/potenza, considerato che la vettura, in ordine di marcia, pesava 1.020 kg, grazie ad un ampio ricorso a materiali ultraleggeri. La “super-Golf” bimotore di Jocki Kleint, dopo avere ottenuto il quarto tempo nelle prove ufficiali – e con l’ausilio di un solo propulsore – dovette, in gara, alzare bandiera bianca poco prima del traguardo. Un tentativo che, quindi, non venne coronato dal pieno successo e, soltanto oggi, idealmente “vendicato”.

L’ordine di arrivo della Pikes Peak 2018 completa il successo del Gruppo VAG con la vittoria, nella categoria Production SUV, di Bentley (il marchio di Crewe fa parte, da tempo, dell’orbita Volkswagen): un successo, questo agguantato dalla “factory” di oltremanica con la Bentayga portata in gara da Rhys Millen (proprio l’esperto neozelandese che nel 2016 aveva stabilito il record fra i prototipi elettrici alla Pikes Peak) complementare alla vittoria ottenuta da I.D. R, in quanto rappresentativa del grande potenziale espresso dal nobile “Sport Utility” in declinazione pressoché “di serie”.

Riguardo ai colori italiani, è da sottolineare la presenza dell’espertissimo Simone Faggioli (driver fiorentino erede della “dinastia” vincente degli specialisti toscani nelle cronoscalate, da Mauro Nesti a Fabio Danti), dieci volte campione europeo e dodici volte campione italiano della specialità: alla guida di un prototipo francese Norma M20 SF PKP spinto da un’unità motrice Nissan da 680 CV, Faggioli ha purtroppo sofferto, nel weekend di gara, di una serie di guai meccanici, che lo hanno costretto ad una tattica prudente; di rilievo, in ogni caso, il secondo posto assoluto, a 40″ dalla VW vincitrice, i 50″ rifilati al compagno di squadra (lo svizzero Fabien Bouduban) e il nuovo primato per le vetture a trazione posteriore, ottenuto da Faggioli con il tempo di 8:37.23. Al via anche il piemontese Giorgio Leporati (anch’egli specialista di cronoscalate e, come Faggioli, “deb” di lusso alla Pikes Peak), regolarmente al traguardo con una Ford Fiesta ST “locale”.  Da segnalare, altresì, il successo di Ducati, con la nuova Multistrada 1260 a motore Testastretta DVT da 1.262 cc ed appositamente aggiornata nel telaio ai fini di una maggiore stabilità, pilotata dallo specialista Carlin Dunne, alla quarta vittoria personale nella cronoscalata del Colorado. Con questo risultato, Ducati – manco a dirlo: anche l’azienda di Borgo Panigale è uno dei “brand” del Gruppo Volkswagen – si porta a sette vittorie dal 2008.

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