FCA: perché avrebbe detto no alla fusione con PSA

Francesco Giorgi
25 Marzo 2019
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Nulla di ufficiale, tuttavia la ricostruzione del Wall Street Journal lascia intravedere i motivi dell’ipotetica fusione di Fiat-Chrysler con il big player francese.

Da alcuni giorni tiene banco, se non in forma ufficiale, quanto meno quale possibile scenario futuro. Tuttavia, il “corteggiamento” di PSA nei confronti di FCA, indicato come tale da gran parte degli organi di stampa internazionali all’indomani dell’annuncio avanzato dai vertici del “supergruppo” francese che si dimostravano potenzialmente interessati ad espandere le proprie collaborazioni verso altri big player del comparto automotive, non riguarderebbe Fiat-Chrysler Automobiles.

Secondo una news pubblicata nelle scorse ore dal Wall Street Journal, PSA Groupe avrebbe, sì, lanciato una “avance” nei confronti di FCA ventilando possibilità di collaborazione o di fusione; salvo vedersi “respinta” dai piani alti dell’asse Torino-Detroit: i quali, seppure lusingati, ringraziano per l’interessamento ma si dichiarano non disposti ad un matrimonio con PSA. E questo per un ampio ventaglio di motivazioni, tanto commerciali quanto finanziarie. Ma andiamo con ordine.

La notizia relativa ad un eventuale accordo di “fusione” tra PSA ed FCA, come accennato, non è mai stata definita in dettaglio; ha rappresentato, per un po’ di tempo, una delle possibili ipotesi di “big Alliance” fra due dei prim’attori della filiera automotive globale. Lo stesso quotidiano economico newyorkese, ricostruendo la vicenda, ha di propria sponte (vale a dire senza alcuna smentita ufficiale da Fiat-Chrysler Automobiles) pubblicato in un’analisi i “no” a quello che, se dovesse effettivamente avvenire, rappresenterebbe un matrimonio di importanza epocale: in prima battuta, ricostruisce il Wall Street Journal, qualora la fusione dovesse avere luogo, ciò comporterebbe, per Fiat-Chrysler, un “legame” eccessivamente legato allo scenario europeo, laddove da molto tempo le principali Case auto vedono nell’espansione a livello globale una delle condizioni essenziali per il rispettivo posizionamento sul mercato (e ben si sa l’appeal di Jeep negli USA, area in cui del resto PSA Groupe ha più volte puntato i propri riflettori; mentre, all’opposto, per gli altri “brand” di Fiat-Chrysler non si otterrebbero concreti vantaggi su scala mondiale).

C’è, o potrebbe esserci, un’altra chiave di lettura dietro la ricostruzione del Wall Street Journal: la posizione contraria della famiglia Agnelli, che controlla la finanziaria Exor e detiene le quote di maggioranza FCA, in merito ad una eventuale fusione. A Torino si mantiene un profilo rivolto all’eventuale nascita di accordi paritetici o joint venture (come quello, quarantennale, tra le stesse FCA e PSA dedicato al comparto veicoli commerciali, nelle scorse settimane confermato almeno fino al 2023). Mike Manley, amministratore delegato di Fiat-Chrysler, è dal canto suo favorevole a porre in essere agreement e partnership rivolti ad un reciproco vantaggio di miglioramento delle offerte e di sviluppo tecnologico.

Questo è quanto offre, in concreto, lo scenario attuale: nulla vieta di archiviare l’ipotesi di matrimonio PSA-FCA, se non proprio come “fusione”, almeno come futura collaborazione su progetti mirati, di modello o sullo sviluppo di nuove tecnologie come, del resto, è stato recentemente annunciato tra Volkswagen e Ford in previsione di rendere la start-up in materia di guida autonoma Argo, controllata da Ford che ne detiene la maggioranza, una joint venture con quote al 50% dell’Ovale Blu ed al 50% VW; o, ancora, la altrettanto recentissima comunicazione della “alliance” fra Daimler e Bmw anch’essa rivolta alla guida autonoma. La stessa FCA è stata nei mesi scorsi al centro dell’attenzione da parte di Hyundai, come aveva riportato il quotidiano Asia News. E secondo il Financial Times, il presidente FCA John Elkann si dimostrerebbe rivolto ad un’alleanza con un altro grande Gruppo. Di carne al fuoco, dunque, ce n’è: staremo a vedere gli sviluppi.

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