Come l’automotive può guidare la transizione ecologica

Redazione
25 Marzo 2021
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Dalla crisi la possibilità concreta di un nuovo futuro in cui la filiera dell’auto può giocare un ruolo di primo piano: ecco le indicazioni avanzate da Anfia, FederAuto e Unrae su politica industriale, incentivi, infrastrutture per la ricarica, riforma fiscale.

La “semplice” elettrificazione non basta: per lo sviluppo del comparto automotive, occorre un articolato programma strategico che accompagni l’Italia verso una “maturità” dell’auto ibrida ed elettrica mediante un’accelerazione degli investimenti per le nuove tecnologie, in special modo per quanto riguarda automazione, connettività, diffusione delle infrastrutture per la ricarica (pubbliche e private) e delle stazioni di rifornimento dell’idrogeno. Contestualmente, si indica la necessità di provvedere con urgenza a nuovi finanziamenti (quelli attuali, “aggiornati” con la legge di Bilancio 2021, andranno presto o tardi ad esaurirsi, con incognite per i mesi successivi) e di rendere l’Ecobonus strutturale fino al 2026. “Last but not least”, l’organizzazione di ulteriori incentivi per il ricambio del parco circolante dei veicoli destinati al trasporto merci e quello collettivo di persone (leggi: comparto Truck&Bus).

È, in sintesi, quanto indicato dalle principali organizzazioni nazionali del settore automotive – Anfia, Associazione Nazionale Filiera dell’Industria Automobilistica; FederAuto, ovvero la Federazione che rappresenta le concessionarie; e Unrae, Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri – in merito alle indicazioni, indirizzate al Governo, per dare il decisivo “boost” che guidi l’Italia alla volta dell’auspicata evoluzione della mobilità sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico.

I numeri della filiera auto nazionale

Prima di tutto, è utile riportare le cifre di rilievo dell’automotive in Italia.

  • Numero di addetti complessivi: 1,25 milioni;
  • Costi totali per salari e stipendi: 27 miliardi di euro;
  • Fatturato complessivo: 344 miliardi di euro;
  • Incidenza sul PIL nazionale: circa il 20%;
  • Gettito fiscale: 73,6 miliardi di euro complessivi (60 miliardi per utilizzo, 9,6 miliardi che derivano dall’acquisto, 6,7 miliardi di euro generati dal possesso).

Com’è andato il 2020 dell’auto

La filiera automotive è, dunque, uno dei prim’attori sulla scena economica, industriale e commerciale italiana. Un ruolo tornato a farsi sentire in maniera rilevante nel drammatico 2020 dell’emergenza sanitaria, e che resterà a lungo fra i più importanti. Anche per questo, il contraccolpo provocato dal lockdown e dalla diminuzione dei consumi ha assunto una connotazione più evidente: come affermato dai presidenti di Anfia (Paolo Scudieri), FederAuto (Adolfo De Stefani Cosentino) ed Unrae (Michele Crisci) intervenuti in una tavola rotonda sul ruolo portante dell’automotive alla guida della transizione ecologica, la crisi indotta dalla pandemia ha, nel 2020, provocato diminuzioni a doppie cifre:

  • Nuove immatricolazioni di autovetture: -27,9% (535.000 unità in meno rispetto al 2019);
  • Nuove immatricolazioni di veicoli commerciali leggeri: -15,1% (28.500 unità in meno);
  • Nuove immatricolazioni di veicoli industriali: -14,4% (-3.400 unità);
  • Nuove immatricolazioni di rimorchi e semirimorchi: -21,7% (-3.100 unità);
  • Nuove immatricolazioni di bus: -24,8% (-775 unità);
  • Produzione di autoveicoli: -15% rispetto al 2019;
  • Incidenza della produzione di auto ibride, ibride plug-in ed elettriche in Italia: 17,2% (era lo 0,1% nel 2019, e si prevede un 37,5% YTD febbraio 2021);
  • Esportazioni di parti e componenti autoveicoli: 18,7 miliardi di euro di valore complessivo (-15,3% dal 2019);
  • Importazioni di parti e componenti autoveicoli: 13,4 miliardi di euro di valore (-13,9% dal 2019);
  • Saldo commerciale annuale 2020 del settore dei componenti in Italia: 5,48 miliardi di euro;
  • Numero dei dealer presenti in Italia: diminuito da 2.785 nel 2007 a 1.329 nel 2019 con una stima di 1.294 nel 2020 ed una previsione di perdita del 25% del fatturato medio nel periodo 2019-2020;
  • CIG (cassa integrazione guadagni) nel comparto automotive: 99.984 ore (erano state 42.727 nel 2019);
  • Andamento del mercato aftermarket: autofficine meccaniche -14,2% rispetto al 2019; gommisti -19,9%; carrozzieri indipendenti -18,4%; concessionarie -15,3%; autofficine autorizzate -20,4%; carrozzerie autorizzate -28,1%;
  • Effetti economici determinati dal calo del mercato dell’auto: fatturato -10 miliardi di euro; IVA -1,8 miliardi di euro; IPT -0,146 miliardi di euro; bollo auto: -0,108 miliardi di euro.
  • CIG nel settore dell’industria: 2.960.687 ore (erano state 259.654 nel 2019).

Il parco auto resta fra i più vetusti

Le cifre rese note da Anfia, FederAuto e Unrae riferiscono che la ripresa nel secondo semestre 2020 si è verificata per due motivazioni principali: l’avvio di nuovi incentivi all’acquisto, e l’accelerazione produttiva impressa dalle Case costruttrici europee in previsione di possibili nuovi stop alla produzione. Da tenere presente anche l’età media del parco auto circolante in Italia, che continua ad essere fra i più vecchi a livello europeo. Nel dettaglio, a fronte di una media di 8 anni nel Regno Unito e 9 anni in Francia ed in Germania, nel nostro Paese le autovetture in circolazione (più di 38 milioni e mezzo, stima Unrae al 30 giugno 2020) hanno in media 11 anni e mezzo, e quasi uno su tre (il 29,3%, cioè 11.276.000 unità) è pre-Euro 4. Non va meglio fra i veicoli commerciali, che hanno in media 12 anni e mezzo di cui il 47% (1,865 milioni) è pre-Euro 4; i veicoli industriali (13,6 anni di “servizio” in media), con il 57,4% (396.200) pre-Euro 4; e fra gli autobus, che hanno in media 12 anni con quasi uno su due (47,9%, ovvero 30.000 unità) è pre-Euro 4.

Gli incentivi hanno aiutato a diminuire le emissioni

Con l’introduzione degli Ecoincentivi, la tendenza delle emissioni di CO2 nelle autovetture di nuova immatricolazione è in costante calo: prendendo come riferimento il ciclo WLTP – che dal 1 gennaio 2021 ha, al punto V.7 della carta di circolazione dei veicoli, sostituito il precedente ciclo NEDC -, il trend delle emissioni di CO2, quantificato in una media di 143,6 g/km a marzo 2019, è andato via via diminuendo fino a raggiungere 123,1 g/km a dicembre 2020. Attraverso gli Ecobonus, le rottamazioni hanno proceduto di pari passo, dunque – considerando il periodo 1 agosto-31 dicembre 2020 – sono aumentate dell’11% (Euro 3) e del 67% (Euro 4). In totale, le rottamazioni fra agosto e dicembre dello scorso anno sono state, in Italia, 465.675 (+15,8%), con un’incidenza del 70,5% fra rottamazioni e nuove immatricolazioni. È rilevante, a questo proposito, notare che grazie agli incentivi 2020 (in cui le rottamazioni con Ecobonus sono state 125.000), il 90% delle auto consegnate alla demolizione si riferiva alla fascia di acquisto 61-110 g/km di CO2.

  • Percentuale di auto Euro 0 rottamate grazie agli incentivi 2020: 0,5%;
  • Euro 1: 1,5%;
  • Euro 2: 13,5% (ed un taglio di 8.200 tonnellate di CO2 per anno);
  • Euro 3: 30,0% (19.000 tonnellate di CO2 per anno in meno);
  • Euro 4: 54,5% (34.000 tonnellate di CO2 per anno in meno).

Le prime cifre 2021

Il rifinanziamento degli Ecobonus ha, a gennaio e febbraio 2021, comportato il 90% delle rottamazioni per l’acquisto di una nuova autovettura (117.000 le vecchie auto date indietro), a fronte di un 10% di acquisti senza rottamazione; fra i veicoli commerciali, il 20% (24.000 unità) è stato rottamato per l’acquisto di un nuovo veicolo.

Elettrificazione: l’Italia “corre” con le auto ibride

In relazione ai “major market” europei (Germania, Francia, Spagna e Regno Unito), in Italia la percentuale di auto elettriche (2,4% a febbraio 2021) è inferiore rispetto al 9,4% della Germania, al 6,9% del Regno Unito ed al 6,4% della Francia (soltanto la Spagna ha meno vetture “zero emissioni”: 1,6%). Una situazione analoga si verifica con le auto ad alimentazione ibrida plug-in, dove l’Italia è, in termini percentuali, all’ultimo posto con il 3,4% sul totale (mentre la Germania si assesta sull’11,3%, il Regno Unito sul 6,1%, la Francia sul 6,8% e la Spagna sul 3,7%). Migliore, invece, la situazione delle auto full-hybrid: l’Italia è in prima posizione, con un 28,8% a febbraio 2021 (Germania: 15,9%, Regno Unito: 21,7%, Francia: 16,0%, Spagna: 22,6%). Un “ritardo”, nella diffusione di auto elettriche e ibride ricaricabili, dovuto alla bassa posizione nel “ranking” europeo in base al numero di stazioni per la ricarica ogni 100 km: se Olanda (al primo posto con il 47,9%) guida la classifica con 66.664 “hub” (ed il 4% dei quali di potenza pari o superiore a 22 kW), seguita da Lussemburgo (1.063 stazioni pari al 36,8% e l’1% da almeno 22 kW di potenza) e dalla Norvegia (19,7%, 18.718 “hub” ed il 28% dei quali da almeno 22 kW), l’Italia risultava a dicembre 2020, in sedicesima posizione. Le stazioni di ricarica presenti nel nostro Paese erano, alla fine dello scorso anno, 13.381 (2,7%), ed il 9% delle quali da almeno 22 kW.

Cosa si deve fare

Subito: nuovi incentivi

Per attuare una concreta “rivoluzione della mobilità” occorre che l’intero comparto automotive sia al centro di una articolata transizione produttiva, sostiene Anfia attraverso il presidente Paolo Scudieri. Si tratta, in buona sostanza, di stanziare notevoli investimenti nelle nuove tecnologie-chiave: non soltanto auto elettriche, dunque, ma anche “Idrogeno, connettività, guida autonoma e digitalizzazione dei processi”. È essenziale, quale primo capitolo del nuovo asset commerciale, industriale e dei servizi, provvedere ad un progetto strategico ad hoc, che veda la partecipazione di tutti gli attori del settore e che si prefigga un avvio alla fase di transizione (che non sarà né breve né semplice, ma l’importante è cominciare) attivando, innanzitutto e con urgenza, un rifinanziamento agli incentivi già per i prossimi mesi.

I Costruttori fanno la loro parte, il Governo risponda

“Da anni – afferma Michele Crisci, presidente di Unrae – le Case costruttrici destinano importanti investimenti per la progettazione e la realizzazione della nuova mobilità sostenibile. La crisi globale (determinata dalla pandemia, n.d.r.), inattesa, ha ora chiamato in causa anche i Governi perché facciano la loro parte per accelerare il raggiungimento degli obiettivi di uno sviluppo sostenibile che unisca crescita economica e rispetto dell’ambiente. Occorre una pianificazione politica per guidare, nel breve e nel lungo periodo, la transizione verso la mobilità ‘green’ compatibile con le esigenze economiche e sociali di un comparto da sempre trainante per l’economia del nostro Paese”. Da qui, come si accennava sopra, si ribadisce la richiesta, alle istituzioni, di “Rifinanziare gli incentivi per le autovetture con emissioni comprese fra 61 e 135 g/km”, la cui situazione dei fondi residui (consultabile nel portale Web del Ministero dello Sviluppo Economico), è opportuno aggiungere, indica alla data di giovedì 25 marzo 2021 poco più di 33,6 milioni di euro a disposizione per l’acquisto di auto Euro 6, e circa 84,75 milioni di euro destinate alle auto elettriche e ibride fino a 60 g/km di emissioni di CO2. Oltre a questo, prosegue Michele Crisci, la richiesta rivolta alle istituzioni è di “Rendere strutturale, fino al 2026, l’Ecobonus per le autovetture fino a 60 g/km. Senza dimenticare i comparti di trasporto merci e trasporto persone, per i quali l’incremento delle risorse per il rinnovo delle flotte Truck&Bus, con graduale ‘spinta’ verso le alimentazioni alternative, è indifferibile”.

Riforma della fiscalità per le auto aziendali

“Il 2020 – osserva Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di FederAuto – ha avuto significativi impatti sulle reti dei dealer: il fatturato è sceso mediamente del 25%, la redditività aziendale azzerata. Il sostegno al mercato introdotto nella seconda metà dello scorso anno ha permesso di arginare le perdite, tuttavia la strada per un nuovo equilibrio è tutta in salita”. A questo proposito, un deciso cambio di passo che sarebbe utile anche ad accelerare il rinnovo del parco auto circolante, viene rappresentato dalla riforma della fiscalità dell’auto. “La quota delle auto aziendali in Italia (36%) è notevolmente più bassa rispetto al 62,9% della Germania, al 54,2% del Regno Unito, al 53,1% della Francia ed al 49,8% della Spagna – continua De Stefani Cosentino – Un intervento sulla percentuale di detraibilità dell’IVA per gli acquisti effettuati da aziende e professionisti e sulla soglia di massima deducibilità dei costi, anche in ottica ‘green’, non è più rinviabile”. Allo stesso modo, indica il presidente di FederAuto, “Una strategia complessiva di rilancio del settore automotive rende imprescindibili la semplificazione e la rimodulazione della tassa automobilistica, e l’introduzione di misure strutturali a medio-lungo termine per gli investimenti delle imprese di autotrasporto”.

Il Recovery Plan è uno strumento di aiuto

“La sfida verso la ‘mobility revolution’ è tale, per le aziende, che si rende necessario il sostegno di interventi da attuare tramite il Recovery Plan per mantenere elevati livelli di competitività e rendere l’Italia attrattiva per nuovi investitori”, sottolinea Paolo Scudieri (Anfia), elencando quali misure siano da mettere in pratica. “Rafforzare e semplificare gli strumenti di politica industriale, e rendere ugualmente accessibili alle imprese del centro-nord quelli per le regioni-obiettivo; sostenere gli investimenti in Ricerca e Sviluppo e quelli per la riconversione produttiva; dare vita a programmi per la riqualificazione delle competenze con incentivi fiscali ed una rinnovata offerta di servizi formativi; estensione del Piano Transizione 4.0 e favorire l’0aggregazione delle piccole e medie imprese e le operazioni di private equity”.

Servono sinergie fra pubblico e privato

Quanto a ciò che va fatto per lo sviluppo delle infrastrutture in Italia, l’obiettivo – afferma Scudieri – va puntato sulla rete di ricarica, in un giusto mix fra pubblica, privata ed aziendale, le infrastrutture per l’idrogeno e tecnologie vehicle-to-grid e smart road. “Queste proposte devono concorrere alla creazione di un programma che comprenda l’istituzione di una ‘task-foce’ pubblica e privata, nella quale i Ministeri e le Associazioni competenti possano mettere a frutto una proficua sinergia”.

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