Europa accelera, USA rallentano: il 2025 che ridisegna l’auto elettrica
Il 2025 si conferma come un anno spartiacque nella corsa globale verso la mobilità sostenibile, ma dietro i numeri record si cela una realtà molto più sfaccettata. La geografia della transizione energetica, infatti, racconta di un mondo a più velocità, dove i veicoli elettrici non rappresentano solo una scelta tecnologica, ma diventano lo specchio delle strategie politiche, delle tensioni economiche e delle ambizioni industriali dei grandi blocchi mondiali. Ecco perché analizzare la mappa delle vendite EV significa, oggi più che mai, leggere tra le righe delle decisioni governative e dei nuovi equilibri geopolitici.
Il dato globale parla chiaro: 18,5 milioni di auto a zero o ridotte emissioni vendute tra gennaio e novembre, un balzo del 21% rispetto al 2024. Ma basta scavare sotto la superficie per scoprire che la crescita è tutt’altro che omogenea. In Europa, la transizione accelera con vigore, trainata da una politica di incentivi sempre più mirata e da una crescente attenzione alle infrastrutture di ricarica. Francia, Italia e Regno Unito, ciascuno con le proprie strategie, stanno scrivendo un copione comune: sostenere la domanda con strumenti concreti, favorendo l’accesso ai modelli elettrici anche per le fasce meno abbienti. Emblematico il caso italiano, dove la spinta degli incentivi per la rottamazione, pari a 597,3 milioni di euro, ha portato a un vero e proprio boom: quasi 25.000 unità vendute a novembre, un risultato che segna un nuovo massimo storico.
In Francia, la chiave di volta è stato il programma di leasing sociale, pensato per abbattere le barriere economiche e permettere alle famiglie a basso reddito di accedere ai veicoli elettrici. Un’iniziativa che ha permesso di recuperare rapidamente il terreno perso dopo la riduzione dei sussidi, dimostrando come la stabilità delle politiche di sostegno sia fondamentale per mantenere la rotta della transizione. Il Regno Unito, dal canto suo, ha scelto di allargare la platea dei modelli finanziabili, includendo marchi come Nissan, Renault e MINI grazie a un contributo di £3.750, confermando che la flessibilità degli incentivi può essere un potente acceleratore. Non a caso, novembre ha registrato un aumento del 36% nelle immatricolazioni, con le BEV in crescita del 35% e le PHEV addirittura del 39%.
Se l’Europa corre, la Cina resta il vero motore della rivoluzione elettrica, pur mostrando i primi segnali di un rallentamento fisiologico. Con 11,6 milioni di veicoli venduti nei primi undici mesi dell’anno, il gigante asiatico continua a dettare i tempi, ma lo fa con una strategia sempre più orientata all’export e all’espansione internazionale. Basti pensare ai numeri di BYD, che a novembre ha esportato un record di 131.935 veicoli, quadruplicando le vendite europee rispetto all’anno precedente e spingendo la propria presenza anche in Sud-Est asiatico e Sud America. Un segnale inequivocabile che la partita della mobilità elettrica si gioca ormai su scala globale, con i costruttori cinesi pronti a sfidare i concorrenti occidentali anche sui mercati più maturi.
Il quadro si fa decisamente più complesso negli Stati Uniti, dove la fine dei crediti d’imposta federali al 30 settembre ha provocato una brusca frenata nelle vendite. Qui la politica si dimostra ancora una volta il vero ago della bilancia: la revisione dei criteri CAFE, annunciata a dicembre, ha abbassato gli standard di efficienza da 50,4 a 34,5 mpg per il 2031, riducendo la pressione sui costruttori a elettrificare le proprie gamme. Non è un caso che gruppi come Stellantis abbiano già annunciato un ritorno alla produzione tradizionale negli USA, mentre persino Tesla ha dovuto fare i conti con un calo delle consegne a novembre. Questo scenario sottolinea quanto la coerenza e la lungimiranza delle politiche pubbliche siano determinanti per orientare le scelte industriali e le preferenze dei consumatori.
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