Tesla costretta a rimborsare il pacchetto Full Self-Driving
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Un cliente Tesla ha recentemente vinto un caso di arbitrato contro l’azienda, ottenendo un rimborso completo di 10.000 dollari per il pacchetto Full Self-Driving (FSD). Questo caso, emblematico, mette in discussione la promessa di guida autonoma che Tesla pubblicizza dal 2016, evidenziando una realtà ben lontana dalle aspettative. L’acquirente, Marc Dobin, aveva acquistato un Model Y nel 2021 con il costoso pacchetto FSD, sperando di agevolare la mobilità della moglie. Tuttavia, la delusione è stata immediata: il sistema richiedeva una supervisione costante e l’accesso alla Beta era vincolato a criteri non esplicitati in fase di vendita, come il punteggio di sicurezza del conducente.
Nonostante il sistema di arbitrato obbligatorio, Dobin ha portato avanti la sua battaglia, dimostrando che il sistema non funzionava come pubblicizzato. Durante l’udienza, Tesla ha mostrato segni di debolezza, presentando un solo testimone tecnico, impreparato sugli aspetti fondamentali del sistema. Il risultato? Dobin ha ottenuto il rimborso totale, oltre alla copertura di 8.000 dollari di spese legali.
Questa vicenda non è un caso isolato, ma un segnale di una problematica più ampia. Tesla, guidata da Elon Musk, ha ammesso recentemente che nemmeno l’hardware HW3, introdotto come risolutivo, sarà sufficiente per garantire la guida autonoma completa. La soluzione? Un nuovo hardware, HW4, disponibile solo sui veicoli prodotti dal 2023-2024. Questa scelta lascia milioni di proprietari con hardware obsoleto e senza un piano chiaro per aggiornamenti futuri.
I dati attuali mostrano che il sistema FSD richiede ancora interventi umani ogni circa 500 miglia percorse, una distanza ben lontana dagli standard di una guida autonoma non supervisionata. Questa situazione ha portato molti analisti a suggerire che Tesla dovrebbe adottare una politica di rimborsi volontari, almeno fino a quando la tecnologia non sarà all’altezza delle promesse fatte. Continuare a difendersi in arbitrati costosi potrebbe non solo danneggiare l’immagine del marchio, ma anche risultare meno conveniente sul lungo termine.
Il caso Dobin mette in evidenza anche una questione etica: fino a che punto le aziende possono pubblicizzare funzionalità che non sono ancora pienamente operative? La guida autonoma, per come viene descritta da Tesla, resta una promessa futuristica più che una realtà tangibile. Questo genera frustrazione nei clienti che investono somme considerevoli per un prodotto che non soddisfa le aspettative. Il problema non riguarda solo il lato tecnico, ma anche la trasparenza delle informazioni fornite al momento dell’acquisto.
In conclusione, il caso Dobin rappresenta una svolta per i consumatori insoddisfatti. Se da un lato Tesla continua a essere leader nel settore delle auto elettriche, dall’altro questo episodio evidenzia la necessità di una maggiore chiarezza e responsabilità nelle promesse fatte ai clienti. Il futuro della guida autonoma è ancora incerto, ma ciò che è chiaro è che la fiducia dei consumatori sarà un elemento cruciale per il successo di questa tecnologia.
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