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Tavares svela i retroscena dell'addio a Stellantis

Di Fabrizio Gimena
Pubblicato il 20 ott 2025
Tavares svela i retroscena dell'addio a Stellantis
Carlos Tavares ricostruisce la separazione da Stellantis: la telefonata di Elkann, la scelta di accelerare l'elettrificazione senza risparmiare critiche all'Unione Europea.

Una rottura che ha avuto il sapore di una rivoluzione silenziosa, ma capace di lasciare il segno nel mondo dell’auto. In sole 48 ore, il destino di Tavares e Stellantis si è compiuto con una velocità che raramente si vede in un settore abituato ai lunghi tempi delle strategie industriali. Eppure, come spesso accade quando i grandi giochi di potere si muovono dietro le quinte, basta una telefonata, una frase pronunciata con il tono gelido di chi non lascia spazio alle repliche, per cambiare il corso della storia. “Non mi fido più di te”, avrebbe detto Elkann, presidente del gruppo, a un Tavares che si trovava ad Estoril, nel bel mezzo di una routine che sembrava destinata a durare ancora a lungo. Questo il retroscena svelato in un intervista al magazine francese Le Point.

La decisione è stata fulminea, quasi chirurgica. Un taglio netto, senza tentennamenti, che nel libro in uscita “Un pilota nella tempesta” viene raccontato con dettagli finora rimasti sotto traccia. L’addio di Tavares non è solo una questione personale: è lo specchio di una frattura profonda, maturata sulla linea sottile che separa la prudenza dalla visione. Il manager portoghese, con la determinazione di chi guarda al futuro, ha scelto di spingere l’acceleratore sull’elettrificazione, incurante delle resistenze interne e dei dubbi che ancora aleggiano tra i piani alti dell’industria automobilistica europea. “Ho scelto di accelerare, per i miei nipoti, per il clima”, spiega Tavares, lasciando intendere che, al di là dei numeri e delle strategie, ci sia anche una componente etica e personale in questa svolta.

Ma, come spesso accade, le scelte di chi guida un colosso come Stellantis non sono mai indolori. I 35 milioni di euro ricevuti come indennita di uscita diventano il bersaglio facile di chi, con la consueta rapidità, trasforma la vicenda in un caso mediatico. Tavares, però, non si tira indietro: “Era un contratto, non un privilegio. Essere un capo è un lavoro rischioso”. Un’affermazione che sa di sfida, ma anche di realismo: il vertice, nel mondo dell’auto, è un posto dove si balla sempre sull’orlo del precipizio.

E proprio dal bordo di questo precipizio, Tavares lancia le sue accuse più dure all’Unione Europea. Nel mirino finiscono le politiche stringenti adottate dopo il Dieselgate, quelle stesse norme che, secondo l’ex CEO, hanno finito per spianare la strada alla supremazia tecnologica cinese. “Le regole troppo rigide hanno reso l’Europa vulnerabile”, sostiene, sottolineando come la corsa all’elettrico, invece di rafforzare l’industria continentale, abbia aperto le porte ai giganti asiatici.

E qui entra in scena il tema dei dazi europei contro i produttori cinesi. Per Tavares, le misure adottate sono poco più che una “toppa su una gamba di legno”. “I cinesi produrranno in Europa, con costi europei, e a quel punto sarà l’industria europea a diventare cinese”, afferma con la lucidità di chi sa leggere tra le righe dei bilanci e delle strategie di lungo periodo. Il caso della joint venture con Leapmotor diventa emblema di un rischio ancora più grande: “Se Stellantis dovesse fallire, potrebbero perfino ricomprarla”, avverte, delineando uno scenario che ha il sapore della beffa.

Nel frattempo, mentre la tempesta si abbatte su Stellantis, Tavares non resta con le mani in mano. Anzi, si reinventa: produzione di vino, gestione di hotel, restauro di auto storiche e competizioni automobilistiche. Un manager che non si arrende, ma che anzi trova nuova linfa nei progetti che parlano di passione e di futuro. Non solo: valuta investimenti nella compagnia aerea Azores e nel circuito dell’Estoril, segno che la voglia di sfida non si spegne con una firma in calce a una lettera di dimissioni.

Tutto questo, però, lascia aperti interrogativi profondi sulla governance delle case automobilistiche, sulle responsabilità dei manager e sulla direzione che l’industria europea intende prendere nei prossimi anni. Tavares parla di una “consolidazione brutale e feroce”, una sorta di resa dei conti che rischia di ridisegnare per sempre gli equilibri tra marchi, fornitori e nazionalità produttiva. Un avvertimento che suona come un campanello d’allarme per chi, forse troppo spesso, ha pensato che l’auto europea potesse continuare a dettare le regole del gioco senza fare i conti con una concorrenza globale sempre più agguerrita.

Da parte di Stellantis, per ora, il silenzio è totale. Nessun commento ufficiale sulla ricostruzione dell’ex CEO, nessuna replica alle accuse e alle previsioni di Tavares. Ma, in un settore dove il tempo corre più veloce delle parole, anche il silenzio può essere una risposta carica di significato. Resta la sensazione che la partita sia tutt’altro che chiusa e che, ancora una volta, saranno i fatti – e non le dichiarazioni – a scrivere il prossimo capitolo della storia dell’automobile europea.

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