Stop al bando dei motori a combustione: cosa cambia per l'auto europea
La Commissione Europea ha scelto la strada della flessibilità per il futuro dell’automotive continentale, presentando un nuovo “pacchetto Automotive” che promette di ridisegnare i confini della transizione energetica e industriale. L’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 non sarà più del 100% entro il 2035, ma scende al 90%, aprendo scenari inediti per costruttori, filiere e consumatori. Un segnale forte che l’Europa intende sì accelerare verso la decarbonizzazione, ma senza sacrificare la competitività industriale e l’occupazione, elementi che il Vecchio Continente non può permettersi di perdere in questa fase cruciale.
Il nuovo impianto normativo, che ha visto la luce il 16 dicembre, rappresenta un cambio di paradigma: non più una corsa cieca verso l’elettrico a ogni costo, ma un mosaico di soluzioni che punta a integrare, anziché escludere, le diverse tecnologie. Si fa largo, così, la possibilità per i motori a combustione interna di sopravvivere oltre la scadenza originaria, purché alimentati da efuel o da carburanti a basso tenore di carbonio. Un passaggio che segna una svolta anche nella percezione del ruolo dell’industria: la transizione ecologica non deve diventare una fuga in avanti che rischia di lasciare indietro interi settori produttivi.
Nel dettaglio, fino al 3% dell’obiettivo di riduzione potrà essere raggiunto grazie ai crediti generati dall’utilizzo di efuel e biocarburanti, mentre un ulteriore 7% sarà compensabile attraverso l’impiego di acciaio verde prodotto nell’Unione Europea. Si tratta di due pilastri fondamentali del nuovo assetto, che permettono alle case automobilistiche di pianificare strategie più flessibili, adattando la produzione e l’offerta senza subire un taglio netto alle motorizzazioni tradizionali. In questo contesto, la parola d’ordine diventa “apertura tecnologica”, una scelta che la Germania ha già definito cruciale per la salvaguardia della competitività e dell’occupazione.
Particolare attenzione viene riservata alle E Car di piccole dimensioni, ovvero le vetture elettriche fino a 4,2 metri. Queste auto riceveranno un trattamento preferenziale: ogni unità venduta verrà conteggiata con un fattore maggiorato (1,3 invece di 1), e potranno accedere a “super crediti” fino al 2035 se prodotte nell’UE e proposte a prezzi accessibili. Una misura pensata per incentivare la diffusione dell’elettrico tra i consumatori, ma anche per favorire la competitività delle piccole e medie imprese europee, spesso penalizzate dalle economie di scala dei grandi player internazionali.
Per i veicoli commerciali leggeri, la Commissione abbassa l’asticella: la riduzione delle emissioni richiesta scende dal 50% al 40%, con l’introduzione di un innovativo meccanismo di “banking and borrowing”. Questo sistema consente ai costruttori di gestire eventuali sforamenti o risparmi su base pluriennale (2030-2032), offrendo una flessibilità operativa che risponde alle esigenze di una filiera sempre più complessa e articolata. Inoltre, tra il 2025 e il 2029 sarà possibile accumulare crediti se le emissioni risultano inferiori ai requisiti interim, una soluzione che premia chi anticipa la transizione.
Sul fronte degli investimenti, la Commissione mette sul piatto ben 1,8 miliardi di euro per sostenere la filiera delle batterie europee, di cui 1,5 miliardi in prestiti a tasso zero. Un segnale chiaro della volontà di costruire un ecosistema industriale solido, capace di competere con i giganti asiatici e americani. Parallelamente, l’introduzione dell’“Automotive Omnibus” promette di semplificare le procedure di omologazione e di ridurre i costi amministrativi, un passo fondamentale per rendere il mercato europeo più snello e reattivo.
Non mancano, tuttavia, le voci critiche. Se da un lato l’industria automobilistica accoglie con favore la maggiore flessibilità e la possibilità di continuare a proporre motori a combustione – come sottolineato da Volkswagen e dalle associazioni di categoria – dall’altro le ONG ambientaliste, in primis Transport & Environment, puntano il dito contro una presunta “retromarcia” che rischia di rallentare la transizione elettrica e di far perdere terreno all’Europa rispetto a competitor come la Cina. La tensione tra innovazione e sostenibilità, tra pragmatismo industriale e ambizione climatica, resta dunque alta.
Il nuovo scenario impone alle case automobilistiche e alle flotte aziendali una profonda revisione delle strategie di investimento. La possibilità di utilizzare crediti legati a efuel e acciaio verde cambia radicalmente l’economia delle scelte di prodotto, influenzando la pianificazione delle piattaforme e la gestione della supply chain. Il futuro dell’automotive europeo si giocherà, ancora una volta, sulla capacità di trovare il giusto equilibrio tra sostenibilità, innovazione e competitività.
È bene ricordare che il pacchetto dovrà ora affrontare il passaggio decisivo al Parlamento Europeo e il vaglio dei governi nazionali prima di diventare legge. Solo allora si potrà capire se questa “nuova via europea” sarà davvero in grado di garantire una transizione equa, efficace e sostenibile per tutto il settore.
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