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Stellantis scuote il mercato: “O vendiamo più EV o chiudiamo le fabbriche”

Di Simone Fiderlisi
Pubblicato il 6 ago 2025
Stellantis scuote il mercato: “O vendiamo più EV o chiudiamo le fabbriche”
Stellantis rischia una multa UE da 2,5 miliardi di euro. A rischio le fabbriche italiane e migliaia di posti di lavoro nel settore automotive europeo.

La situazione nel settore automotive europeo si fa sempre più tesa, e questa volta il protagonista indiscusso è Stellantis. Il colosso nato dalla fusione tra PSA e FCA, guidato da manager del calibro di Carlos Tavares e, più recentemente, da Antonio Filosa, ha lanciato un ultimatum che suona come un vero e proprio campanello d’allarme per tutta l’industria continentale. Il nodo della questione? Una possibile multa monstre da 2,5 miliardi di euro, che rischia di trasformarsi in una valanga da oltre 15 miliardi per l’intero comparto, qualora non venissero raggiunti i nuovi, stringenti obiettivi sulle emissioni imposti dall’Unione Europea.

Non si tratta solo di cifre da capogiro, ma di un vero e proprio spartiacque per il futuro delle fabbriche italiane e di quelle europee. La posta in gioco è altissima: secondo le dichiarazioni di Jean-Philippe Imparato, responsabile europeo del gruppo, l’alternativa è chiara e brutale. O si assiste a un rapido raddoppio delle vendite di auto elettriche, oppure si dovrà procedere all’eliminazione dei veicoli a combustione interna, con la conseguente chiusura di impianti produttivi. E qui, a tremare sono soprattutto le realtà storiche, quelle che hanno fatto la storia del made in Italy su quattro ruote, come Fiat, che già da tempo si trova costretta a rivedere piani industriali e strategie di prodotto.

Non è un mistero che la transizione verso la mobilità elettrica, avviata con grande slancio sotto la regia di Carlos Tavares, abbia incontrato più di un ostacolo. Le previsioni di vendita dei veicoli a batteria sono rimaste lettera morta, complici sia la congiuntura economica sia una domanda che stenta a decollare. La proroga triennale concessa dall’UE sui limiti alle emissioni sembrava poter offrire una boccata d’ossigeno, ma si è rivelata solo un palliativo. Il conto, ora, rischia di arrivare salato e di presentarsi sotto forma di una multa che potrebbe mettere in ginocchio anche i giganti del settore.

Gli stabilimenti più esposti sono quelli meno efficienti, ancora dedicati in larga parte alla produzione di modelli tradizionali. Le fabbriche italiane sono, purtroppo, tra le più vulnerabili: siti come quelli di Mirafiori e Pomigliano vivono settimane di incertezza, mentre altrove, come negli impianti spagnoli di Vigo e Saragozza, si respira un clima più sereno grazie anche a partnership strategiche con fornitori di batterie del calibro di CATL. In Italia, invece, il rischio di una pesante ristrutturazione è più che concreto e la minaccia di licenziamenti di massa aleggia come una spada di Damocle su migliaia di lavoratori.

La partita, però, non si gioca solo tra le mura degli stabilimenti. Sullo sfondo, infatti, si muovono anche le associazioni di categoria come ACEA, che non perde occasione per sottolineare la necessità di un approccio più equilibrato da parte delle istituzioni europee. Secondo l’associazione, il rischio è quello di sacrificare la competitività del settore sull’altare di una transizione energetica troppo rapida e, forse, poco sostenibile per le imprese e per l’occupazione.

In questo scenario complesso, Antonio Filosa si trova a dover affrontare una delle sfide più ardue della sua carriera. La sua missione è chiara: trovare un equilibrio tra sostenibilità economica e ambientale, senza perdere di vista la necessità di garantire la tenuta occupazionale e la competitività internazionale del gruppo. Un compito tutt’altro che semplice, considerando che il settore automotive rappresenta oltre il 10% del PIL europeo e coinvolge milioni di famiglie in tutta Europa.

Fiat, da parte sua, osserva con preoccupazione l’evolversi della situazione. La storica casa torinese, simbolo di un’epoca e di una cultura industriale, si trova ora costretta a ripensare radicalmente il proprio futuro. I piani di rilancio, basati su una gamma di auto elettriche sempre più ampia e competitiva, si scontrano con la realtà di un mercato che ancora fatica a premiare la mobilità a zero emissioni. Eppure, la pressione delle normative europee non lascia alternative: o si cambia passo, o si rischia di finire fuori gioco.

La domanda che molti si pongono, dunque, è una sola: riuscirà Stellantis a trovare la quadra tra esigenze di mercato, sostenibilità ambientale e sostenibilità economica? O assisteremo, nostro malgrado, a una nuova stagione di chiusure e ristrutturazioni, con tutte le conseguenze sociali che ne derivano? Una cosa è certa: il tempo delle mezze misure è finito. Ora servono scelte coraggiose, visione strategica e una capacità di adattamento senza precedenti. Perché, nel mondo dell’auto, chi si ferma è perduto.

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