Cina, boom range extender: perché BMW cambia strategia sull’elettrico
La questione della mobilità elettrica, specie nel segmento premium, si sta rivelando più complessa di quanto gli osservatori del settore avessero immaginato. BMW, il costruttore bavarese che per anni ha rappresentato l’avanguardia della transizione verso l’elettrico puro, si trova ora a riconsiderare una strada che sembrava ormai chiusa: il ritorno dei veicoli range extender, quei modelli ibridi plug-in evoluti che associano una batteria a un piccolo motore termico capace di fungere da generatore.
I numeri provenienti dalla Cina non lasciano spazio a interpretazioni. Nei primi cinque mesi del 2025, le vendite di veicoli EREV — Extended Range Electric Vehicles — hanno registrato un aumento che sfiora il 50%. Non si tratta di una fluttuazione marginale, bensì di un segnale robusto che il mercato sta inviando con chiarezza: il compromesso tra l’autonomia illimitata del termico e la silenziosità dell’elettrico possiede un valore reale per i consumatori. La range anxiety, quella paura primordiale di restare a secco di batteria lontano dai punti di ricarica, continua a rappresentare un ostacolo psicologico notevole, soprattutto in un contesto dove l’infrastruttura di ricarica pubblica rimane ancora irregolare e poco affidabile.
I protagonisti di questa rinascita sono ben identificabili. BYD e Li Auto, i costruttori locali cinesi che negli ultimi anni hanno sorpreso il mondo con innovazioni aggressive e strategie commerciali sofisticate, hanno dimostrato che il modello EREV non è soltanto tecnicamente fattibile, ma anche commercialmente vincente. La loro pressione competitiva ha costretto BMW a valutare seriamente il rilancio delle versioni a range extender per i suoi modelli di punta: la X5, il SUV che domina il segmento lusso, e la 7 Series, la berlina ammiraglia che ha sempre rappresentato il vertice della gamma. Il mercato cinese rimane la priorità immediata, ma gli occhi puntano anche verso l’Europa, dove il compromesso pragmatico tra la transizione ecologica e le esigenze concrete degli utenti potrebbe risultare particolarmente seducente.
Non si tratta, è importante sottolinearlo, di un’iniziativa isolata di una singola casa automobilistica. Stellantis, Volkswagen, Renault e Volvo stanno tutte esplorando soluzioni analoghe con crescente serietà. La causa è semplice: esiste ancora un segmento sostanziale di consumatori tradizionalmente riluttante ad abbracciare la mobilità pura, e questo segmento rappresenta margini commerciali considerevoli, specialmente nelle fasce premium del mercato.
Intanto, lo scenario competitivo globale continua a trasformarsi a velocità impressionante. GWM, il costruttore cinese Geely-Volvo, prepara l’apertura del suo primo stabilimento europeo, mentre Magna si posiziona come produttore contrattuale per costruttori come GAC. Questa architettura produttiva transnazionale sta ridisegnando la mappa competitiva del settore in modo profondo e irreversibile, costringendo i costruttori europei a ripensare le proprie strategie di differenziazione.
Le critiche, naturalmente, abbondano. Gli osservatori ambientali più rigorosi evidenziano il rischio di un rallentamento della decarbonizzazione qualora la reintroduzione di motori a combustione — anche se utilizzati unicamente come generatori — divenisse pratica diffusa. Le preoccupazioni abbracciano inoltre l’incremento dei costi di produzione e manutenzione, nonché le considerazioni sull’impronta ambientale complessiva del ciclo di vita dei veicoli.
Per BMW, tuttavia, la valutazione rimane ancorata a una logica pragmatica e competitiva: in Cina la domanda è concreta e provata, mentre in Europa l’offerta potrebbe rassicurare i consumatori e rafforzare la competitività nelle fasce alte del mercato di fronte alla pressione crescente dei costruttori asiatici. In uno scenario di trasformazione industriale tanto rapido quanto turbolento, il range extender diventa anche uno strumento di difesa della quota di mercato.
Ti potrebbe interessare