L’impegno, la vita, i successi, gli avversari, i miti: Michael Schumacher si racconta

Francesco Giorgi
21 Novembre 2018
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In una video intervista, girata poche settimane prima l’incidente di Méribel e pubblicata dai familiari sul suo sito Web, Schumi parla di se, della propria filosofia di vita, dei propri segreti. E dei propri idoli. E si scopre che…

A quasi cinque anni dall’incidente avvenuto sulle nevi di Méribel, la famiglia di Michael Schumacher ha deciso in queste ore di rendere nota una intervista – finora rimasta inedita – che il sette volte campione mondiale F1 rilasciò nell’ottobre del 2013, vale a dire poche settimane prima della caduta sugli sci. Una decisione che sorprende abbastanza il mondo degli appassionati, tenuto conto del riserbo pressoché totale mantenuto in questi anni dai familiari dello sfortunato fuoriclasse di Kempen intorno alla sua figura nonché alle sue condizioni di salute. Tuttavia, è una momentanea “rottura del silenzio” per festeggiare i 50 anni di Michael Schumacher in un modo che potrà fare piacere ai tifosi e, in senso più ampio, agli appassionati in generale. Nell’intervista, infatti, “Schumi” si racconta in modo totale, aperto, franco: una serie di risposte su chi egli considerasse rivale più combattivo, su chi rispetta di più. E ancora: i suoi idoli giovanili, un excursus sulla propria carriera nella massima Formula.

Lo Schumi-pensiero rivela, ad esempio, che “Quanto ad impatto emozionale, il Campionato più importante rimane quello del 2000, anno della conquista del titolo mondiale con Ferrari: il Cavallino non lo vinceva da 21 anni, io da 4; fu una stagione eccezionale quando alla fine la spuntammo sugli avversari”. Riguardo al pilota da Schumacher più rispettato, la risposta è: “Mika Hakkinen: grandi duelli in pista e, nella vita privata, un rapporto molto bello”. Sulla domanda “Quanto è davvero impegnativa la Formula 1?”, il sette volte campione del mondo (ovviamente, il quesito va considerato al 2013) risponde che “Rimane una disciplina sportiva fra le più ‘dure’; ed un tempo lo era ancora di più: niente servoassistenza per freni e sterzo. Resta, in ogni caso, uno degli sport più impegnativi, ed ha bisogno di una notevole preparazione”.

Da sottolineare, nonostante i successi ottenuti in carriera, la sua dichiarazione relativa alla domanda se avesse sempre saputo di potere stabilire dei primati sportivi, oppure se avesse mai dubitato delle proprie capacità: “Occorre scindere fra le due cose: un fatto sono i record, un altro sono i dubbi intesi come sfida con se stessi. Questi ultimi, penso, sono molto importanti per non sopravvalutarsi e, quindi, cercare sempre di migliorarsi passo dopo passo. Ho sempre pensato di non essere ‘il più bravo’, ma di dovere lavorare ogni giorno di più: questo è uno dei ‘segreti’ che, giorno dopo giorno, mi hanno aiutato a diventare ciò che sono”. Una risposta che può riallacciarsi a quanto Schumacher dichiara alla domanda se, “Come parte dei tuoi continui sforzi per migliorarti, osservi tutti gli altri piloti o tieni in considerazione soltanto i migliori?”: “Per poterti migliorare, devi conoscere ciò che esprimono tutti i tuoi avversari. Ciascuno apporta alla tattica di gara qualcosa di se: è utile ed importante apprendere da tutti”.

Altrettanto di rilievo, per quanti considerino il motorsport una disciplina essenzialmente “individuale”, quanto “Der Kaiser” pensa in merito al rapporto fra pilota e squadra: “In tutte le situazioni della vita, per quanto mi è stato possibile constatare, il successo è strettamente correlato al lavoro di squadra. Ciò vale anche in F1”.

Rivolgendo uno sguardo al passato, una domanda lo invita ad indicare cosa potessero avere, in comune, Benetton, Ferrari e Mercedes: “Si tratta di squadre altamente competitive; un ‘minimo comun denominatore’ c’è: si chiama Ross Brawn”.

Infine, una domanda classica nelle interviste-confessione: Hai mai avuto un idolo in F1 da bambino?”. La risposta, piuttosto curiosa perché inaspettata, non rivela alcun “mostro sacro” in particolare che abbia calcato i palcoscenici della massima Formula: “Nei miei anni di esperienza sul kart, nutrivo una speciale ammirazione per l’italiano Vincenzo Sospiri, che ha vinto tanto in quella categoria. Ma il mio ‘mito’ in assoluto era il portiere della Nazionale di calcio tedesca Toni Schumacher”. Perché? “Perché è stato un grande giocatore”.

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