Ferrari BB: venne chiamata così in onore di Brigitte Bardot

Francesco Giorgi
02 Agosto 2018
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A rivelarlo, ai taccuini de La Repubblica, è il designer Leonardo Fioravanti: la sigla ufficiale “Berlinetta Boxer” è, a ben vedere, un po’ una forzatura. La vera realtà è che la prima Ferrari a motore centrale e cilindri a 180° si ispirò alla iconica attrice.

E se anche le “eminenze grigie” dei grandi nomi dell’industria automobilistica italiana si fossero ispirati ad uno dei miti dell’arte, della cultura e del lifestyle del Novecento per battezzare un’automobile? Non ci sarebbe nulla di clamoroso se ciò apparisse come una usanza “non ufficiale” (molti sono gli automobilisti che affibbiano un nome, vezzeggiativo, scherzoso, in ogni caso dimostrante affetto, alla propria vettura).

Tuttavia, come mette in evidenza in queste ore una intervista rilasciata dal celebre designer Leonardo Fioravanti (la “matita” che dal 1964 al 1987 ha disegnato, per Pininfarina, molti dei modelli-mito Ferrari: dalla leggendaria Daytona alla 365 GT 2+2, alla popolarissima 308 e molte altre) ai taccuini de La Repubblica, ad ispirare le forme della Ferrari BB, la prima supercoupé di Maranello a motore centrale e V12 di 180°, sarebbe stata Brigitte Bardot. E si riscrive la storia di uno dei modelli-simbolo della ultrasettantennale vicenda produttiva Ferrari.

Lo stesso Fioravanti, dal 1987 a capo dello studio di progettazione Fioravanti Srl, rivela il gustoso aneddoto: “Sì, la Ferrari 512BB si chiamava così in onore di Brigitte Bardot”. Come spesso accade fra i progettisti e le rispettive creazoni, alla base ci fu – ricorda il designer – una tipica fase di infatuazione: “Mentre lavoravamo alla definizione del prototipo, insieme ad Angelo Bellei e Sergio Scaglietti, miei riferimenti operativi a Maranello, ci innamorammo letteralmente di quella nuova Ferrari, la prima a motore centrale nella storia del Cavallino. Ci sembrava bellissima”.

Tanto che, ricorda Leonardo Fioravanti, “in azienda” la nascente novità del Cavallino venne ribattezzata “Brigitte Bardot”, abbreviato in BB come del resto la iconica attrice – in quei primi anni 70 al massimo della propria fama come espressione di costume – era soprannominata in tutto il mondo.

“Il coinvolgimento emotivo era forte”, continua Leonardo Fioravanti nell’intervista pubblicata da La Repubblica. “Continuando con il lavoro di messa a punto era diventato naturale chiamare quella macchina BB in tutti i reparti Ferrari coinvolti nello sviluppo”. “Alla fine, era diventato talmente naturale chiamare la macchina così che dopo tante ore di lavoro Bridgitte Bardot, BB rimase”.

Non potendo, per ovvi motivi, mettere in commercio una “Ferrari Brigitte Bardot”, a Maranello si scelse una motivazione tecnica che potesse calzare quanto più possibile con l’acronimo “BB”. Ed ecco, indica Fioravanti, come nacque l’idea della “Berlinetta Boxer”. Seppure, ad un’attenta analisi, ciò ha rappresentato un po’ una forzatura, non essendo tecnicamente esatta la definizione: né come “Berlinetta” (“Normalmente questa denominazione era riferita ad una vettura a motore anteriore, con una carrozzeria, appunto, simile a quella di una berlina, non certo ad una supercar a motore centrale”), né come “Boxer” (“Il motore della 512BB non è tecnicamente un motore boxer ma un V12 con un angolo di 180 gradi. La differenza, notevole dal punto di vista meccanico, sta nel diverso albero motore”).

D’altro canto, ammette lo stesso Leonardo Fioravanti, i tecnici Ferrari non poterono affrontare la progettazione ex novo di un motore Boxer, in quanto la scelta era “Obbligata dagli elevatissimi regimi di rotazione che aveva il 12 cilindri. E poi, quel motore era derivato dal propulsore di F1 della 312B che già nel 1970 aveva iniziato a fare valere le sue ragioni…”.

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