
Chi gestisce l’area di sosta recintata è obbligato a risarcire dal furto il proprietario del valore della macchina: l’ha stabilito la Cassazione
Chi gestisce l’area di sosta recintata è obbligato a risarcire dal furto il proprietario del valore della macchina: l’ha stabilito la Cassazione
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“A tuo rischio e pericolo“: questo, in sostanza, il significato del cartello posto all’ingresso dei parcheggi (recintati e a pagamento) in Italia. Più precisamente, c’è scritto: “Il gestore dell’area di sosta non è responsabile di eventuali furti e danneggiamenti subiti dai veicoli“. Ma è davvero così? La Cassazione ha detto di no: in caso di furto della macchina, chi ha in carico il parcheggio è tenuto a rimborsare l’automobilista (sentenza 1957 del 25 novembre 2008, depositata il 27 gennaio 2009).
Nessuna giustificazione
La stessa Corte Suprema afferma che a nulla valgono, per esentare il gestore da responsabilità, altri due elementi: se l’area è incustodita, il proprietario dell’auto ha comunque diritto al risarcimento in caso di furto della macchina; idem se la vettura non viene consegnata a un addetto del parcheggio.
Infatti, perché il contratto fra automobilista e gestore si perfezioni, basta che il guidatore paghi, inserendo le monete nell’apposito meccanismo o versando il corrispettivo alla cassa.
Oltretutto, l’area di sosta è delimitata da sistemi automatizzati per la procedura d’ingresso e di uscita: di quanto succede al suo interno risponde il gestore a cui si è trasferita (temporaneamente) la responsabilità attraverso un contratto.
Una storia lunga 12 anni
La Cassazione si è espressa in tal senso dopo un’infinita contesa fra un’Assicurazione (l’attuale AXA) e un gestore di un’area di sosta, l’ATM (Azienda trasporti municipali di Milano). Tutto è nato nel 1997, quando una Mitsubishi Pajero, assicurata contro il furto con quella Compagnia, è stata rubata in un parcheggio ATM: l’area recintata di Cascina Gobba. L’AXA ha prima risarcito l’automobilista (45 milioni di lire) e ha poi chiesto all’ATM il rimborso dell’intera somma.
Risposta negativa perché, secondo l’azienda, un cartello all’ingresso del parcheggio avvisava che il gestore non era responsabile di eventuali danni e furti delle auto: una norma stabilita da un Regolamento del Comune di Milano. Che però è stata smentita dalla Cassazione (dopo i precedenti due gradi di giudizio, davanti a un giudice prima e alla Corte d’appello poi): il cartello all’entrata non ha valore.
Un’unica eccezione
La frase nel cartello che, in caso di danni o furto dell’auto, esonera da responsabilità chi ha in carico l’area di sosta rappresenta una clausola vessatoria del contratto fra automobilista e gestore: è troppo a vantaggio di quest’ultimo (articolo 1341 del Codice civile). Al massimo, per essere valida, una clausola del genere andrebbe accettata e firmata dal cliente.
Un po’ quanto accade in altre situazioni: per esempio, quando si sottoscrivono certi contratti in banca o in un’agenzia assicurativa. Quindi, occhi aperti a quanto il custode, eventualmente, vi propone di firmare: uno scarico di responsabilità nei confronti del veicolo lo libererebbe dall’onere del risarcimento.
.La lunga caccia ai soldi
In concreto, se un automobilista subisce un furto in un parcheggio a pagamento e chiuso, e ha la polizza contro i ladri, verrà rimborsato dalla Compagnia (sarà poi questa a rivalersi sul gestore). Invece, chi è privo di garanzia contro i ladri è tenuto a denunciare il fatto a Forze dell’ordine e assicurazione. Dopodiché, per ottenere i soldi, dovrà chiedere il risarcimento del valore dell’auto al gestore del parcheggio, inviando una raccomandata con avviso di ricevimento a chi ha in carico l’area di sosta: l’indirizzo è ricavabile dal biglietto rilasciato dal gestore oppure dal cartello posto all’ingresso. Nella lettera, va imposto un termine per il rimborso: sui 10-15 giorni.
A questo punto, si aprono due strade. Se il gestore risponde positivamente entro quel termine (cosa improbabile), per il risarcimento occorre armarsi di pazienza: sarà quell’azienda stessa a rimborsare l’automobilista entro qualche mese; oppure il denaro arriverà dalla Compagnia presso la quale quella società si è assicurata per casi come questi.
Ma l’ipotesi più probabile è la seconda: che il gestore non risponda o neghi il rimborso. Al che, per ottenere il denaro, l’automobilista dovrà rivolgersi a un avvocato. Questi farà un atto di citazione all’autorità competente della città dov’è avvenuto il furto: per somme inferiori a 2.582,28 euro, il Giudice di pace; per risarcimenti superiori, il Tribunale. È altamente probabile che il proprietario della macchina la spunti e ottenga i soldi, perché i giudici si uniformeranno all’orientamento della Cassazione. La sentenza di primo grado è immediatamente esecutiva e il gestore del parcheggio è tenuto a pagare anche se intende rivolgersi alla Corte d’appello (e poi magari fare ricorso in Cassazione): anche in questo caso, quasi certamente, sarà il cittadino a vincere.
Per i danni è più dura
In caso di furto dal parcheggio, ottenere il risarcimento è faticoso ma molto probabile. Ancora più perigliosa la strada se la carrozzeria viene danneggiata nell’area di sosta. Infatti, va dimostrato che il veicolo ha subìto il danno proprio nel parcheggio: davvero difficile. Più semplice ottenere il risarcimento in caso di rottura dei cristalli. Ma, anche in questa ipotesi, verrà risarcito il costo dei vetri; per il resto (quanto rubato nell’abitacolo) è arduo dare prova degli oggetti portati via dal ladro.
Strisce blu: resta il dubbio
La sentenza della Cassazione si riferisce a un parcheggio a pagamento recintato: non fa menzione di aree di sosta “aperte”, cioè le strisce blu. Impossibile stabilire se chi subisce danni o furti dell’auto su quelle strisce abbia diritto a farsi risarcire dal gestore del parcheggio. Però, se c’è un addetto alla vendita dei tagliandi per la sosta, è più facilmente configurabile un obbligo di custodia a carico del gestore dell’area. Una soluzione potrebbe arrivare soltanto se un quesito del genere venisse sottoposto alla Cassazione stessa.