Il motorsport dice addio a Mario Poltronieri

Francesco Giorgi
19 Gennaio 2017
Il motorsport dice addio a Mario Poltronieri

Il popolarissimo telecronista della F.1 è scomparso ieri a 87 anni nella sua abitazione di Milano. Una vita a tu per tu con l’automobilismo sportivo.

Il popolarissimo telecronista della F.1 è scomparso ieri a 87 anni nella sua abitazione di Milano. Una vita a tu per tu con l’automobilismo sportivo.

La voce che ha commentato un quarto di secolo di Gran Premi non c’è più. È Mario Poltronieri, il popolarissimo telecronista della F1 di tutti gli anni 70, degli anni 80 e della prima metà degli anni 90, scomparso ieri, nella sua casa di Milano, all’età di 87 anni. Nel proprio letto, come Tazio Nuvolari.

Mario Poltronieri, dal 1971 al 1994, è stato il commentatore dell’epoca di monopolio Rai della massima Formula; ma non soltanto questo. Chi ha più di un capello grigio, ha ben presenti i divertenti rimpalli di collegamento con il simpatico Ezio Zermiani, sempre pronto a inseguire i piloti nei paddock; così come i momenti di improvviso “silenzio” in televisione (sembra di parlare del Medioevo, ma ancora una trentina di anni fa le regie internazionali potevano lasciare “vuoti” di telecamere alcuni punti del circuito, cosa che metteva telecronista e spettatore sullo stesso piano).

Soprattutto, Mario Poltronieri è la voce di alcuni degli avvenimenti che hanno contribuito a costruire la storia del motorsport: gli anni del grande ritorno alla vittoria Ferrari con la triade Lauda – Regazzoni – Montezemolo, l’escalation di successi per Williams e McLaren, l’epopea dei memorabili duelli fra Prost e Senna e delle tifoserie divise in due fazioni, la cavalcata – schiacciasassi di Nigel Mansell nel 1992. Sì, sue furono – va detto – le dirette che accompagnarono alcuni momenti tragici, culminati proprio nel suo ultimo anno di telecronache con la morte in diretta di Ayrton Senna al GP di San Marino 1994.

Poltronieri lasciò, per limiti di età, il microfono proprio alla vigilia dell’era Schumacher e del dominio di Maranello in F.1. Ma la passione verso il motorsport lo accompagnò anche con l’arrivo della comunicazione multimediale: ospite fisso in alcune trasmissioni TV in veste di opinionista, Poltronieri ha tenuto per diverso tempo una rubrica fissa sul portale Web FormulaPassion.it (“Il Flobert”, prendendo a prestito un popolare libro di memorie scritto da Enzo Ferrari e dedicato ai giornalisti della F1), nella quale affidava alla tastiera oltre mezzo secolo di ricordi personali: aneddoti, racconti e retroscena di un automobilismo sportivo dal volto umano. Senza dimenticare l’importanza dei social network, attraverso il proprio profilo Facebook, altra miniera di narrazioni e ricordi che – si avverte – amava condividere con tutti gli appassionati.

Tuttavia, Mario Poltronieri è stato, prima della lunga avventura ai microfoni Rai, popolare uomo di sport. Motociclismo prima, e automobilismo poi. L’esperienza di Poltronieri al volante racconta quattro partecipazioni alla Mille Miglia di velocità (dal 1954 al 1957) e il “volante” ufficiale Abarth, in veste di pilota e collaudatore. Per il marchio dello Scorpione, il futuro telecronista partecipò, fra gli altri, a numerosi record di velocità nonché ai celebri primati di durata con la prima Fiat 500 Abarth (1958) e con la Fiat 2300S Coupé (1963).

Curiosamente, la prima telecronaca per Mario Poltronieri non fu una gara di F1, ma una partita della Nazionale italiana di baseball. Successore di Piero Casucci, venne assunto definitivamente (come amava ricordare) in Rai soltanto nel 1971, già dopo molti anni di attività per l’azienda. Il resto è storia che gli appassionati… con qualche anno sulle spalle ricordano bene: prima da solo, poi coadiuvato da un “team di voci” entrato nella leggenda (oltre ad Ezio Zermiani, anche Clay Regazzoni e Gianfranco Palazzoli per il commento tecnico).

Il tono di voce pacato, i modi eleganti nel porgersi al telespettatore, la competenza tecnica e – ricordiamolo ancora una volta – il dialogo in diretta a volte scherzoso con i “colleghi” Palazzoli, Zermiani e Regazzoni, restano testimoni di un mondo che non c’è più (e non è che faccia sempre piacere questo): un mondo non urlato, esperto ma senza alcuna ostentazione, nel quale la passione gioca il ruolo principale. 

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