Fiat Topolino: compie ottant’anni la prima “citycar” italiana

Francesco Giorgi
16 Giugno 2016
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Fiat Topolino: compie ottant'anni la prima

Storia e gloria di Fiat 500, una buffa utilitaria che in vent’anni e tre serie (A, B e C) costruì le basi della motorizzazione di massa in Italia.

Storia e gloria di Fiat 500, una buffa utilitaria che in vent’anni e tre serie (A, B e C) costruì le basi della motorizzazione di massa in Italia.

La prima “utilitaria di massa” italiana compie ottant’anni: è Fiat Topolino, prodotta in tre serie dal 1936 al 1955 e capostipite di una famiglia arrivata fino ai giorni nostri. La attuale Fiat 500, specialmente nella più piccola versione equipaggiata con il 900 cc TwinAir, è infatti l’ultima discendente (in ordine di tempo) di una stirpe di “utilitarie” che da decenni vedono Fiat in un ruolo di primo piano a livello mondiale.

Ebbene, è a una simpatica vetturetta dal grazioso muso sbarazzino e dagli occhietti all’infuori che sembrano schizzare dai parafanghi (ma dall’austera carrozzeria tutta nera, per come apparve nella primissima serie) che si devono le fortune del marchio torinese nel mondo. Si tratta di Fiat 500: anzi, Fiat Topolino, come venne immediatamente soprannominata da un’Italia alla ricerca di “un posto al sole” fra le grandi potenze mondiali. Un Paese il cui regime, nella prima metà degli anni 30, cercava in tutti i modi – alcuni realistici, altri più velleitari – di costruirne una immagine di potenza.

Gli ottant’anni di Fiat Topolino vengono celebrati, in questi giorni, con una serie di eventi a tema: giovedì 16 giugno, un gruppo di 200 Fiat Topolino sfilerà dagli stabilimenti del Lingotto e dalla celebre pista di collaudo al Castello di Pralormo, lungo un tragitto che attraverserà la Palazzina di Caccia di Stupinigi, il Castello di Racconigi, Moncalieri e tanti luoghi simbolo di Torino: piazza Vittorio Veneto, lo Juventus Stadium, il Mirafiori Motor Village, il Museo dell’Automobile; proprio al Museo Nazionale dell’Automobile di Torino è in programma un incontro sul patrimonio delle auto storiche: il convegno “Back to the Future” sarà a cura di Roberto Giolito, “head of Heritage” di Fca Italy, che illustrerà la filosofia progettuale e la preziosa eredità lasciata da Fiat Topolino ai modelli della successiva storia Fiat.

Agli ultimi posti quanto a diffusione di mezzi di trasporto a motore (a metà degli anni 30 nel nostro Paese, che contava 42 milioni di abitanti, circolavano poco più di 220.000 autoveicoli: come dire, un automezzo – compresi quelli militari, gli autocarri e i bus – ogni 190 persone), l’Italia di ottant’anni fa era una Nazione in continuo divenire, industriale e sociale, ma tutt’altro che “benestante”. I bassi salari costringevano gran parte della popolazione a dover fare a meno di un’automobile: ci si muoveva in treno e in tram, o in bicicletta; le moto – nonostante una politica che ne incentivava l’acquisto e l’utilizzo eliminandone l’obbligo dell’immatricolazione e della patente per guidarle su strada – venivano viste come veicoli stravaganti. In sostanza: serviva un’automobile di basso costo (per produzione e vendita) e che potesse regalare all’Italia quella motorizzazione di massa che né la Fiat 501, né la successiva 509, né la popolare 508 “Balilla” (sulla quale, per un certo tempo, si concentrarono le ambizioni del regime) riuscirono a garantire.

Le prime basi relative alla progettazione di una “vetturetta” di piccole dimensioni e che dovesse “costare poco” vennero poste già nel 1930: quando, cioè, Benito Mussolini “ordinò” al senatore Giovanni Agnelli sulla “Inderogabile necessità” di produrre un’autovettura che non costasse all’automobilista più di 5.000 lire. L’idea aveva innegabilmente un fine propagandistico, e non venne accolta con entusiasmo da Giovanni Agnelli.

Per il progetto vennero approvate due ipotesi: una che prevedeva l’impiego di componenti, materiali e schemi già ben collaudati da Fiat; la seconda, più rivoluzionaria, affidata al tecnico Oreste Lardone, ipotizzava una piccola bicilindrica a trazione anteriore e motore da 500 cc raffreddato ad aria (una “antenata” di Fiat Panda 30, Cinquecento 700 e 500 TwinAir). Durante un collaudo di messa a punto, tuttavia, il prototipo realizzato dai progetti di Lardone, con quest’ultimo a bordo insieme a un collaudatore e a Giovanni Agnelli in persona, ebbe un principio di incendio al motore: Lardone venne immediatamente licenziato (e non sarebbe più stato richiamato in Fiat per un trentennio), mentre Agnelli ordinò la distruzione del prototipo e di qualsiasi eventuale futura idea “rivoluzionaria”.

In sostanza: la nuova “utilitaria” sarebbe dovuta essere più tradizionale, cioè a trazione posteriore e con un “regolare” motore quattro cilindri raffreddato ad acqua. Della progettazione, in questo senso, fu incaricato Dante Giacosa, che con la creazione della 500 (il primo prototipo venne messo a punto nel 1934) inizuiò la costruzione della propria leggendaria storia in Fiat.

I principi – base del progetto furono improntati alla semplicità; fra questi: il radiatore a monte del motore per eliminare la necessità della pompa dell’acqua, il telaio costituito da due “V”, la sospensione posteriore  a mezze balestre (da cui il soprannome di “Balestra corta” data alla prima serie), l’assenza della pompa benzina grazie a un progetto, chiaramente di derivazione motociclistica, che prevedeva l’alimentazione a gravità, e la lubrificazione centrifuga “a sbattimento”, cioè attuata attraverso il movimento degli stessi organi meccanici.

La Fiat 500 venne presentata in anteprima, il 10 giugno 1936, a Villa Torlonia (resaidenza di Mussolini), il debutto sul mercato avvenne il 15 giugno 1936: ottant’anni fa esatti.

Nonostante, in termini pratici, il prezzo d’acquisto andasse ben oltre le 5.000 lire inizialmente preventivate (per accaparrarsene un esemplare occorreva sborsare 8.900 lire, che salivano a 9.750 per la versione “tetto apribile”), per la Fiat 500 – presto ribattezzata “Topolino” – vi fu un discreto successo dal primo momento. Già dalla fine del 1936 la vetturetta venne affianacata dalla versione “Furgone“, che poteva portare fino a 300 kg.

Dalla metà del 1938, la “Balestra corta” venne sostituita dalla “Balestra lunga” (unificandone i componenti fra berlina e furgoncino), che rimase in listino, pressoché immutata, fino al 1948: la produzione della 500A ammontò a oltre 110.000 unità.

Verso la metà del 1948 venne presentata la Fiat 500B, sostanzialmente uguale alla precedente nell’estetica, tuttavia aggiornata nella parte meccanica grazie all’adozione di una nuova testata in ghisa con distribuzione a valvole in testa comandate da aste e bilancieri, potenza aumentata a 16,5 CV e prestazioni leggermente migliorate (95 km/h la velocità massima, consumi inferiori); il telaio venne rivisto con l’impiego di una barra stabilizzatrice posteriore e Ammortizzatori idraulici telescopici sulle quattro ruote. Da segnalare, per la prima volta, la possibilità di ottenere a richiesta l’impianto di riscaldamento. Novità di rilievo, nella gamma di Fiat 500B, il debutto della “Giardiniera Belvedere“, una piccola “familiare” a quattro posti e portellone nata da una precedente idea della Carrozzeria Viotti. La produzione della Fiat 500B totalizzò, in poco più di un anno, circa 21.000 esemplari.

Nel 1949 avvenne la “rivoluzione”: date le rinnovate esigenze delle famiglie italiane, la gamma Fiat 500 venne radicalmente rivisitata. E fu la 500C, che portava in dote un deciso rifacimento della carrozzeria (fari anteriori incassati, presenza di un baule posteriore in luogo della tradizionale sagoma della ruota di scorta) e, tecnicamente, l’adozione di una nuova testata in alluminio. Declinata nelle versioni “tetto apribile”, berlina chiusa (ottenibile a richiesta) “Giardiniera Legno” (dalle fiancate in legno e faesite), prodotta fino al 1951 e sostituita dalla “Belvedere“, la Fiat 500C rimase in produzione fino al 1954 (berlina) e fino a tutto il 1955 (“Belvedere”): l’epoca della Fiat 600 era già cominciata, all’orizzonte si intravedeva la piccola 500. E per la motorizzazione di massa italiana iniziò una nuova epoca, alla quale un deciso contributo va ascritto proprio a Fiat Topolino e al “papà” Dante Giacosa.

Della “Topolino” vanno ricordati i numerosi successi sportivi – fu la prima vera automobile sulla quale i giovani senza molti soldi ma con molte speranze potessero iniziare una carriera agonistica: si contano decine di elaborazioni più e meno artigianali – e una corposa produzione estera, grazie a programmi di licenza e consociazione: Polski Fiat in Polonia, Steyr – Puch in Austria, Nsu – Fiat Neckar in Germania, Premier in India; per non parlare della francese Simca, nata nel 1934 quale licenziataria Fiat d’oltralpe, che dal 1937 ai primi anni 50 produsse le “Cinq” e “Six”.

A proposito: cosa ne fu della soluzione a trazione anteriore sperimentata senza successo da Oreste Lardone nei primi anni 30 e che causò la furia di Agnelli? Accantonata per circa un trentennio – l’ostracismo di Giovanni Agnelli e di Vittorio Valletta fu particolarmente “pesante” – l’ipotesi venne ripresa all’inizio degli anni 60: fu lo stesso Dante Giacosa a metterci mano, e con a fianco lo stesso Lardone che, tuttavia, scomparve prematuramente prima di cvederne su strada nuove applicazioni. Si trattava del  “Progetto 109“, che studiava l’applicazione della trazione anteriore e del motore trasversale, secondo la allora recente intuizione di Alec Issigonis. Il risultato, nel 1964, fu la Autobianchi Primula, vettura – laboratorio dalla quale derivarono Fiat 128 e Fiat 127. Ma questa è un’altra storia, tuttavia abbiamo voluto inserirla per ricordare che non sempre le idee pionieristiche sono totalmente da buttare via.

 

Fiat 500 Topolino: la storia 1936 - 1955

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