Fiat pensa di creare un brand separato per la 500, valorizzandone così l’immagine forte soprattutto sui mercati emergenti.
Fiat pensa di creare un brand separato per la 500, valorizzandone così l’immagine forte soprattutto sui mercati emergenti.
La piccola Fiat 500 fa breccia nel cuore degli italiani e degli americani. E sull’onda di questo successo presto potrebbe nascere un marchio a sé stante, come Mini per Bmw e Smart per Mercedes, o comunque una nuova famiglia di modelli come la gamma DS per Citroen.
Fiat ha una riconosciuta leadership nelle auto piccole, ma solo in mercati dove la sua presenza è già consolidata come il Brasile e l’Europa. Sui mercati emergenti (Cina, India e Russia) in questi anni Fiat è rimasta indietro e non ci sono molte speranze di battere i coreani e cinesi con prodotti generalisti.
Ecco perché il Lingotto vuole puntare su un prodotto come la 500, che vanta un grande appeal e un’immagine forte, cosa piuttosto rara nel segmento delle citycar. L’utilitaria simbolo del “made in Italy” potrebbe infatti evolversi in una gamma separata, con diverse versioni e modelli.
A dirlo è lo stesso amministratore delegato del Lingotto che, intervistato da Automotive news Europe, ha tirato anche le somme del mercato in generale e del gruppo di cui è al timone: se nell’anno in corso il manager si aspetta un totale di 4,2 milioni di auto vendute – di cui oltre 2,1 da Fiat e oltre 2 da Chrysler – nel 2012 si potrebbe arrivare a circa 5 milioni che potrebbero diventare, nel 2014, 5,9 milioni. Ma mentre per il brand americano le previsioni sono più facili, per quello italiano è più difficile data l’incertezza del mercato europeo.
Una grande spinta alle vendite potrebbe essere data dai brand Alfa Romeo e Jeep, sui quali si punterà molto visto che sono internazionalmente riconosciuti e apprezzati. Marchionne ha poi sottolineato che non è detto che un prodotto che vada alla grande negli Usa abbia lo stesso successo in Europa.
E la fusione Fiat-Chysler? “Potremmo anche farla domani stesso. L’unica ragione perché ciò non può avvenire ora è che nella proprietà di Chrysler ci sono altri soggetti” ha spiegato il manager. “Il 41,5% è nelle mani dell’Associazione beneficiaria volontaria dei dipendenti (Veba), costriuita da azioni che i lavoratori hanno ricevuto durante il processo di bancarotta che portò alla creazione della nuova Chrysler”.
Ed è proprio per monetizzare questa associazione che avverrebbe lo sbarco in borsa del marchio americano. A proposito dello sbarco in borsa, il mercato in cui avverrà l’Ipo (Wall Street e Piazza Affari sono i due principali candidati) sarà anche quello in cui l’azienda avrà la sua sede principale.