Mole Urbana: la rinascita industriale di Orbassano tra design e lavoro
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Quando la notte sembra più buia, a volte basta un semplice cartello per accendere una luce di speranza. Così accade a Orbassano, dove la scritta “Si assumono operai per montare automobili” campeggia all’ingresso dell’ex stabilimento Blutec, portando con sé il profumo di un futuro diverso. Non si tratta solo di numeri – venti assunzioni automotive immediate, un centinaio in arrivo a breve, circa 400 posti generati nell’indotto – ma di un segnale concreto per chi, tra le pieghe della crisi torinese, aveva ormai smesso di credere nel riscatto dell’auto.
Dietro questa rivoluzione c’è Mole Urbana, l’azienda fondata dal visionario Umberto Palermo. Un nome che, per chi conosce le vicende dell’automotive piemontese, suona come una promessa di rinascita. E non è un caso se il progetto abbia scelto proprio Orbassano come epicentro di questa svolta: qui, tra i muri impregnati di storie operaie e il rombo delle vecchie catene di montaggio, si apre il cantiere di una nuova era.
La scommessa è chiara: produrre veicoli elettrici compatti, ispirati alle celebri kei-car giapponesi, ma ripensati per il cuore pulsante delle città europee. Dodici modelli diversi, dalle microcar che si infilano agili tra le strettoie urbane ai veicoli commerciali leggeri, tutti figli di una filosofia che mette al centro design italiano, sostenibilità e quella facilità di utilizzo che rende la mobilità davvero democratica. Qui non si parla solo di auto, ma di una nuova idea di città, più accessibile e a misura d’uomo.
La tabella di marcia è scandita da obiettivi concreti: lo stabilimento di Orbassano, pronto per l’inaugurazione ufficiale a novembre, partirà con alcune centinaia di veicoli nei primi mesi, per arrivare a duemila unità nel primo anno e toccare quota cinquemila entro il quarto anno di attività. Una crescita graduale, solida, che non cede alle tentazioni delle corse folli ma costruisce, passo dopo passo, un futuro che sa di concretezza. E tutto questo senza mai perdere di vista la qualità e l’identità che hanno reso celebre il made in Italy nel mondo.
A fare la differenza è proprio la produzione made in Italy: qui i telai, le componenti plastiche, le plance e le fusioni d’alluminio non arrivano da chissà dove, ma sono il frutto di una filiera locale che coinvolge aziende tra Piemonte e Marche. È un patto tra territori, una catena del valore che si nutre di competenze artigiane e di quella passione che solo chi vive di auto può davvero comprendere. Non a caso, a Fabriano sorgerà presto un secondo impianto produttivo, a conferma di una strategia che punta a radicarsi sul territorio e a valorizzare ogni singolo passaggio della lavorazione.
“Non possiamo certo risolvere da soli il dramma di migliaia di cassaintegrati o disoccupati, ma vogliamo lanciare un segnale di speranza”, sottolinea Umberto Palermo, che in questa sfida mette tutta la sua esperienza di designer e la sua visione di mobilità accessibile, sostenibile e, soprattutto, bella. Perché l’auto, qui, non è solo un mezzo di trasporto: è un piccolo capolavoro di ingegneria e stile, un oggetto che unisce funzionalità ed estetica senza compromessi.
Alle spalle di Mole Urbana ci sono investitori privati e pubblici, tra cui CDP Venture Capital, pronti a scommettere su un modello produttivo che sa guardare avanti senza dimenticare le proprie radici. Un modello che esalta l’artigianalità, la cura per i dettagli e il legame indissolubile con il territorio.
I nuovi veicoli elettrici firmati Mole Urbana non sono semplici citycar, ma vere e proprie “micro-architetture” su quattro ruote, pensate per chi vuole muoversi in città senza rinunciare a comfort, praticità e stile. Le linee compatte e raffinate, gli interni funzionali ma ricercati, la scelta di materiali sostenibili: ogni dettaglio racconta una storia di innovazione e rispetto per l’ambiente.
Quel cartello ai cancelli di Orbassano non è solo un’offerta di lavoro: è il simbolo di un’Italia che non si arrende, che vuole tornare protagonista nell’industria automobilistica mondiale. Un’Italia che sceglie la via della filiera locale, della sostenibilità e del design italiano per riprendersi il suo posto al sole. Perché, a volte, basta davvero poco per rimettere in moto un sogno.
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