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Il robot-poliziotto è realtà: ecco la nuova arma contro il crimine

Di Fabrizio Gimena
Pubblicato il 28 ott 2025
Il robot-poliziotto è realtà: ecco la nuova arma contro il crimine
Miami Dade lancia il PUG, primo veicolo di pattuglia autonomo Usa: Ford Explorer modificata con piattaforma TONY, telecamere 360°.

Nelle strade assolate di Miami Dade, la sicurezza pubblica sta vivendo una vera e propria rivoluzione tecnologica che promette di ridefinire i confini del pattugliamento urbano. Il protagonista di questa svolta è il PUG, un veicolo che non passa inosservato: un Ford Explorer all’apparenza comune, ma che cela sotto la carrozzeria un concentrato di innovazione. È il primo veicolo di polizia a guida autonoma degli Stati Uniti, e non è un semplice esperimento di laboratorio: è il risultato di una collaborazione tra le forze dell’ordine locali e la mente visionaria di Perrone Robotics, che ha messo a punto la piattaforma TONY, vero cuore pulsante dell’autonomia del mezzo.

Ma cosa rende il PUG così speciale rispetto a un tradizionale veicolo di pattuglia? Innanzitutto, la sua dotazione tecnologica è da fantascienza: telecamere a 360 gradi per non perdere nemmeno un dettaglio, sensori termici per operare anche nelle condizioni più difficili, lettori automatici di targhe che scandagliano il traffico alla ricerca di veicoli sospetti e, come se non bastasse, una vera e propria stazione di lancio per droni integrata sul tetto. Un’innovazione che trasforma il veicolo in una piattaforma di sorveglianza mobile, capace di raccogliere dati e monitorare le aree più sensibili con una presenza visiva che non lascia spazio a dubbi: la tecnologia è ormai parte integrante della strategia di sicurezza urbana.

Nonostante il suo aspetto avveniristico, lo sceriffo Rosie Cordero-Stutz ci tiene a sottolineare un punto fondamentale: “I deputati restano al centro di questa missione: il PUG è qui per supportare, non per sostituire”. Una frase che racchiude lo spirito del progetto: la tecnologia come alleato, non come rivale dell’uomo. La presenza umana resta imprescindibile, soprattutto nelle decisioni critiche, e il modello operativo adottato è un approccio ibrido che bilancia innovazione e prudenza. Per ora, il veicolo è programmato per muoversi su percorsi predefiniti e con velocità limitata, senza possibilità di partecipare a inseguimenti ad alta velocità se non con un operatore a bordo.

Uno degli aspetti più interessanti riguarda l’interazione con la cittadinanza: il PUG è stato pensato per essere un punto di riferimento anche per i cittadini, grazie a un tablet esterno che consente di comunicare direttamente con il veicolo per segnalazioni o richieste di assistenza. La piattaforma TruAssist promette di avvicinare la tecnologia alle persone, rendendo il veicolo non solo uno strumento di controllo, ma anche un canale di dialogo tra comunità e forze dell’ordine.

La fase di sperimentazione non si limita a test su strada: fino a ottobre, il PUG sarà protagonista di eventi pubblici e dimostrazioni, per abituare la popolazione alla sua presenza e raccogliere feedback utili prima dell’implementazione definitiva. L’obiettivo dichiarato è duplice: da un lato, garantire una presenza visiva nelle aree a maggior rischio criminale, puntando sull’effetto deterrente; dall’altro, raccogliere dati preziosi per affinare le strategie di prevenzione e risposta.

Non mancano, tuttavia, le voci critiche. Se da una parte i sostenitori vedono nel PUG uno strumento capace di ottimizzare le risorse, aumentare la sicurezza degli agenti e migliorare l’analisi predittiva dei fenomeni criminali, dall’altra parte si alzano preoccupazioni su privacy e rischio di sorveglianza di massa. La richiesta di regole chiare sulla gestione dei dati raccolti è forte, e il dibattito resta aperto: la tecnologia deve essere uno strumento al servizio della comunità, non un occhio indiscreto senza limiti.

Ciò che emerge da questa iniziativa è una strategia cauta ma ambiziosa: la supervisione umana rimane centrale, mentre l’autonomia tecnologica si sviluppa gradualmente, passo dopo passo. I risultati del programma pilota di 12 mesi saranno determinanti: se l’esperimento dovesse dimostrare la propria efficacia, il modello di Miami Dade potrebbe diventare un punto di riferimento per altre città americane e, perché no, anche a livello internazionale.

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