Perché Fiat non vince sui mercati emergenti?

Fabrizio Brunetti
22 Marzo 2011
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Perché Fiat non vince sui mercati emergenti?

La strategia Fiat ha segnato molti successi, tranne sui mercati emergenti come Russia, India e Cina dove non riesce a competere da protagonista.

La strategia Fiat ha segnato molti successi, tranne sui mercati emergenti come Russia, India e Cina dove non riesce a competere da protagonista.

La storia recente del Gruppo Fiat con l’avvento di Sergio Marchionne nonostante abbia visto una strategia caratterizzata da una serie di successi sui mercati più maturi, ha sinora miseramente fallito tutti i tentativi di conquistare un ruolo da protagonista sui mercati emergenti.

I costruttori tedeschi devono oggi i loro successi quasi interamente ai mercati di Russia e Cina, divenuti l’eldorado di tutti i marchi premium che contano. Bmw, Mercedes, Volkswagen e Audi hanno una posizione di forza che si sono costruiti negli anni con lungimiranza. 

E ancora questi mercati assicurano utili al gigante Toyota, a Hyundai, a Honda. Ma anche i competitor diretti di Fiat, come PSA Peugeot/Citroen e Renault Nissan hanno posizioni molto più forti nei mercati emergenti, così come le americane GM e Ford.

Cosa non va? Perché tutti i tentativi sinora avviati di accordi e produzioni locali sono falliti e Fiat è il fanalino di coda tra i grandi costruttori proprio sui mercati che offrono prospettive di sviluppo così allettanti?

L’immagine e il prodotto

Oltre ai marchi che hanno sempre avuto una forte immagine, come quelli tedeschi, anche i generalisti globali come Toyota, Peugeot, Nissan più che Renault, Hyundai, GM hanno comunque una notorietà del marchio che Fiat non ha.

Inoltre, questi costruttori sono solidamente affermati sui mercati in sviluppo sia attraverso la produzione diretta in loco, sia attraverso accordi con produttori locali che assicurano costi contenuti e flessibilità nella produzione. Fiat non ha avuto sinora né l’una né l’altra leva.

Come costruttore generalista, destinato perciò a proporre auto solide e affidabili, non ha e non ha mai avuto, se non in URSS ai tempi della 124, un’immagine di prodotto particolarmente robusto o efficiente. Risultato la notorietà e la stima per il marchio Fiat nei paesi in sviluppo sono assai deboli.

Fa eccezione il Brasile, in cui proprio l’associazione tra il marchio Fiat e il prodotto low cost, robusto e senza fronzoli, ha funzionato. Non avrebbe potuto funzionare sui mercati asiatici nei quali i produttori giapponesi e coreani hanno in questo tipo di offerta molto più credito e producono per giunta a costi inferiori. 

Quindi immagine debole e prodotto poco competitivo. Non è un caso che oggi l’immagine del marchio Fiat su tutti quei mercati sia legata al solo successo della trendy 500, unica auto che l’immaginario collettivo riesce ad associare al marchio italiano.

Quale auto per avere successo?

Secondo me Fiat ha solo due linee di prodotto che potrebbero funzionare sui mercati emergenti. Da un lato le piccole, ma di forte immagine differenziale, proprio come la 500; inconfondibile, personale, modaiola e anche ben costruita. Dall’altro puntare tutto sul marchio Jeep, di grande notorietà e immagine e con il quale si potrebbero veicolare anche Crossover e SUV.

Questa tipologia di prodotto non ha grandi concorrenti diretti e non farebbe soffrire in una rincorsa probabilmente inutile ad insidiare i prodotti degli altri costruttori generalisti. Insomma distinguersi per affermarsi, perché sarebbe molto più faticoso inseguire gli altri sul loro terreno. In effetti spesso si è parlato negli ultimi mesi della “missione” da affidare” al marchio Jeep, come unico vero marchio mondiale di Fiat-Chrysler.

Produzione e commercializzazione

L’altro grosso problema è quello di non essere riusciti, nonostante ripetuti accordi regolarmente disdettati o mai partiti, a consolidare una produzione locale a basso costo e ad attivare un’efficace rete distributiva. Per questo Marchionne ribadisce che, ad esempio in Russia, Fiat intende procedere anche da sola, con produzione diretta e propri stabilimenti. 

Dopo molti ritardi e fallimenti, è indispensabile anche attivare una partnership forte o, meglio, una vera e propria integrazione tra Fiat-Chrysler e un produttore asiatico. Per entrambe le soluzioni si continua a proporre Tata come partner ideale e in effetti anche se il recente fallimento degli accordi tra i due sembrerebbe smentirlo, entrambe le parti ribadiscono l’intenzione di continuare a ricercare un’intesa forte. 

Personalmente ritengo che la partnership migliore, preludio ad una integrazione completa in un maxi gruppo potrebbe realizzarsi con Honda. Per varietà e completezza di gamma, per le tecnologie avanzate, per la presenza sui mercati e per l’organizzazione della produzione questo matrimonio sarebbe veramente interessante e aprirebbe le porte della presenza Fiat in Asia da una posizione di forza. Per questo credo, e mi auguro, che qualcosa di grosso si concretizzi a breve, magari con un accordo clamoroso già in corso d’anno. Fiat-Chrysler non può certo permettersi di rimanere ulteriormente fuori dal gioco.

Jeep Wrangler Model Year 2011

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