Cadillac: il lento declino del mito americano del lusso

Fabrizio Brunetti
18 Luglio 2016
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Cadillac: il lento declino del mito americano del lusso

In un mercato in cui i brand del lusso non hanno conosciuto crisi, Cadillac continua ininterrottamente il suo declino dal 2013.

In un mercato in cui i brand del lusso non hanno conosciuto crisi, Cadillac continua ininterrottamente il suo declino dal 2013.

L’imputata di comodo è la Cadillac ATS, lanciata nel 2012 per contrastare le compatte premium tedesche – BMW Serie 3, Mercedes Classe C, Audi A4 – e giapponesi – Lexus e Infiniti. In effetti la ATS ha fallito l’obiettivo, dal 2013 ha costantemente perso quote di mercato che si attestano ormai su un modesto 4,5% del segmento e appena 7884 ATS vendute nei primi 5 mesi del 2016.

Per di più, e questo è il dato che rispecchia il fallimento dell’obiettivo di progetto, la compatta di lusso di Cadillac ha rubato clienti non alle rivali premium tedesche e giapponesi, ma alle popolari Chevrolet, Ford, GMC, Honda. L’analisi di Cadillac ha centrato le cause su un prezzo troppo elevato e su un’articolazione di gamma troppo articolata, sicché il model year 2017 dell’ATS perde la motorizzazione 2,5 litri per puntare tutto sul 2,0 turbo, motorizzazione primaria, e sul V6 3,6 del top di gamma, con un arricchimento degli allestimenti e un generale abbassamento dei prezzi. Soluzione? Macchè, solo linea di difesa d’ufficio che non centra il problema vero, comune a tutta la gamma, non solo all’imputata ATS.

Il problema è che da un decennio almeno l’immagine di Cadillac è troppo lontana da quella, molto americana, opulenta, esagerata, totalmente diversa dalle premium tedesche svedesi o giapponesi, che ha costruito il mito negli anni 50 e 60 dell'”american way of luxury”. Per almeno 30 anni, dal ’48 al ’76, il glamour del lusso americano è stato perfettamente rappresentato dallo stile delle Cadillac, dai musi imponenti, alle pinne aeronautiche, ai rostri esagerati, alle misure extra large, al molleggio ipermorbido, agli elettromeccanismi, dalle vistose Eldorado alle rigorosamente nere berline Fleetwood.

Con la breve parentesi della Lincoln Continental che, all’inizio degli anni ’60, affermò un’immagine alternativa di successo a quella di Cadillac del lusso americano, tutti i tentativi, sia di Ford con le Lincoln, sia di Chrysler con la 300 prima e la Imperial poi, non riuscirono minimamente a scalfire il prestigio delle Caddy. Poi, dalla fine degli anni ’70, iniziò un graduale processo di omogeneizzazione nello stile che attenuò via via sempre più marcatamente la diversità stilistica delle Cadillac, con confusi tentativi di omologazione con canoni del lusso più europei, come l’infelice tentativo della cabrio Allanté, che sposava il marchio del lusso americano con lo stile della più prestigiosa carrozzeria europea, o le compact a trazione anteriore, perdendo sempre di più la personalizzazione del lusso opulento, esagerato, tipicamente americano.

Da una decina d’anni, accanto allo sforzo di rendere assolutamente in linea con le vetture premium tedesche e giapponesi l’eccellenza tecnica e tecnologica, Cadillac ha tentato una nuova personalizzazione dello stile, basata su un design di linee molto nette, geometriche, con fari anteriori e posteriori a sviluppo verticale, che ha senz’altro una distinguibilità, ma lontana da un gusto yankee.

Insomma mentre nelle muscle car i costruttori americani hanno accuratamente cercato una continuità stilistica evocativa, che ha reso Mustang, Camaro, Corvette, Dodge Charger costanti di successo dalla personalità inconfondibilmente americana, nel mercato del lusso l’appeal stilistico “americano” si è perso. Ora conoscete la mia opinione, poiché il successo o l’insuccesso di un’auto, di un marchio, tanto più in un mercato premium, dipendono all’80% dallo stile, cioè dalle suggestioni, emozioni, immagine evocativa, autorevolezza, che quello stile scatena o no, la vera causa del malinconico declino di Cadillac sta proprio nella mancanza di un forte appeal stilistico, in senso americano.

Sto dicendo che una gamma Caddy con una personalità stilistica molto più marcatamente americana sarebbe un successo? Sì, esattamente, alle caratteristiche del sottopelle delle Cadillac non manca nulla, sono adeguate tecnicamente e tecnologicamente, hanno qualità e finizioni senza complessi. E’ invece lo stile che convince solo in parte e non riesce a strappare clienti a BMW, Mercedes, Lexus, Audi e Infiniti. In effetti Cadillac oggi faceva numeri, e margini, solo con il maxi SUV Escalade, ma bucava pericolosamente con le sedan ATS in particolare e CTS.

Nei primi 5 mesi di quest’anno l’Escalade ha mantenuto i suoi clienti mentre il nuovo SUV compatto XT5 non ha per il momento compensato i numeri dell’SVX uscito di produzione. Le sedan ATS e CTS sono inaspettatamente cresciute, la CTS in particolare, ma restano su numeri relativamente modesti. Il ritorno alla flagship, all’ammiraglia top di gamma è appena partito con il lancio della imponente CT6, che nelle dimensioni e nell’opulenza, oltre che timidamente nello stile, recupera in parte lo spirito del lusso Cadillac.

Vedremo come sarà accolta, ne sono state prodotte 9.429 nei cinque mesi, ma certamente da sola non sarà in grado di riaffermare una supremazia Cadillac. Neppure forse rispetto al ritorno della nuova Lincoln Continental ed all’attuale Chrysler 300 (37.256 prodotte nello stesso periodo) che sta definendo la futura generazione, attesa tra due anni. Il risultato globale del marchio nei cinque mesi è di 83.000 pezzi venduti, con un incremento sullo stesso periodo del 2015 di circa 12.000 pezzi. Un successo dunque? No, un risultato positivo, ma che non cambia lo stato di malattia del marchio, attestato anche in momenti di crescita su numeri modesti. La via giusta è solo un deciso, radicale cambiamento dello stile che riporti Cadillac al fasto del suo passato, simbolo del lusso tutto americano.

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