L’eccezione Volkswagen… ma dov’è la differenza?

Fabrizio Brunetti
27 Marzo 2012
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L'eccezione Volkswagen... ma dov'è la differenza?

Strepitosi risultati del gruppo (con Audi portabandiera) che realizza nel 2011 tre volte gli utili di Mercedes e Bmw.

Strepitosi risultati del gruppo (con Audi portabandiera) che realizza nel 2011 tre volte gli utili di Mercedes e Bmw.

Allibiti, preoccupati, un po’ invidiosi i concorrenti, tutti. 

I costruttori generalisti europei (Fiat/Chrysler, Peugeot/Citroen, Renault/Nissan) perché i loro risultati sono sideralmente lontani da quelli del gruppo Volkswagen. Quelli asiatici (Toyota e Hyundai) perché soffrono lo strapotere finanziario e d’immagine di Wolfsburg. I produttori americani (Ford e GM) per le sofferenze dei loro brand europei, Ford Europe e Opel. I concorrenti premium tedeschi, Mercedes e Bmw, perché Volkswagen realizza tre volte i loro utili in un anno difficile per tutti.

In dieci anni il gruppo Volkswagen ha raddoppiato i ricavi e incrementato gli utili da 1 a più di 15 miliardi. Negli ultimi cinque anni ha investito per 62 miliardi, ha una gamma completa con gli 11 brand, la punta di forza in Audi, una presenza leader nei mercati emergenti, 17 miliardi di liquidità. Potrebbe comprare potenzialmente GM, Fiat/Chrysler e Peugeot/Citroen tutte insieme.

Insomma una potenza da far paura e che rende sempre più concreta la prospettiva di una solida e inattaccabile leadership mondiale, alla faccia delle ambizioni dichiarate di Toyota, Ford, GM, Hyundai. Cos’è che fa la differenza, come Volkswagen è arrivata dove gli altri non sono riusciti?

Premium è meglio

Due elementi sono stati quelli determinanti. Il primo puntare sulla forza di marchi premium. Volkswagen è un marchio generalista, ma premium, cioè percepito comunque come un marchio di qualità superiore rispetto ai concorrenti.

Così è stato anche per Audi, scatola vuota negli anni 70, cresciuto, con costanza di strategia, al ruolo di antagonista dei due marchi premium per eccellenza, Mercedes e Bmw. Non a caso è Audi il maggior produttore di utili del gruppo e la punta di diamante tra i marchi premium.

La parentela strettissima con le “popolari” Volkswagen, non ha mai messo in discussione il prestigio del marchio nei confronti di Stoccarda e Monaco e ora che la concorrenza allargata si è estesa alle compatte, anche l’antica differenza genetica della trazione anteriore rispetto alla posteriore sta svanendo.

Per il resto Lamborghini e Bentley, tra i marchi top, sono stati ricostruiti con la stessa logica e vantano prestigio e risultati.

Skoda naviga grazie ai mercati dell’est europa. L’unica ciambella senza buco resta Seat, sempre in rosso e per la quale sono via via fallite tutte le strategie, e gli investimenti, per farne un marchio d’immagine.

Doveva essere l’Alfa Romeo del gruppo, il marchio sportivo, poi il simbolo del nuovo design… niente da fare. Seat era e resta un marchio di secondo piano, non redditizio e di debole immagine.

Quindi, prima lezione, i marchi premium sono una forza. Volkswagen, Audi, Lamborghini, Bentley e ora Porsche sono un generatore di utili globale, che fa la forza del gruppo.

Strategia vincente…

Secondo punto di forza, la strategia di gestione, che oggi mette al riparo Volkswagen, pur con un costo del lavoro in Europa non diverso dai concorrenti, dalle sofferenze della forbice bassi prezzi di vendita/eccesso di produzione.

Volkswagen ha modificato e flessibilizzato i suoi meccanismi produttivi in un lungo percorso iniziato alla fine degli anni 90, e con il sacrificio comune, quando era necessario recuperare produttività attraverso aumenti di orario e di flessibilità, con una solida partecipazione delle organizzazione sindacali alla gestione non in posizione antagonista, ha realizzato una formidabile efficienza produttiva, che, a fronte di salari elevati e bonus significativi legati ai risultati, premia la produttività quando le cose vanno bene e contiene i costi quando c’è crisi.

Così il gruppo ha diversificato le sue sedi produttive, ha anticipato tutti i concorrenti nella crescita sui mercati emergenti, ha collezionato molti successi e pochi flop nella strategia di prodotto, si appresta, con una piattaforma che sarà comune a 60 modelli del gruppo e di tutti i marchi, a sbaragliare i concorrenti anche nel risparmio dei costi, per un valore di 8/10 miliardi all’anno quando la piattaforma sarà a regime sull’intera gamma.

…pur con qualche flop

Una strategia che non sbaglia mai? No certo, ha i suoi guai con i costi indefiniti e pesanti dell’acquisizione di Porsche, resta il buco Seat, il mercato cinese, dicono gli analisti, rallenterà, rallentando così lo slancio del produttore tedesco.

C’è l’incognita del costo per lo scioglimento prematuro della partecipazione azionaria in Suzuki, che obbliga ad un contenzioso che si annuncia lungo e oneroso.

Ma la forza finanziaria, la lucidità strategica e il prestigio del gruppo restano talmente forti da convincere i mercati che comunque sarà vincente.

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