Iveco verso la cessione: Tata Motors tra i potenziali acquirenti, sindacati in allarme
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Il panorama dell’automotive italiano è attraversato da una nuova scossa, e questa volta il terremoto porta il nome di Iveco. L’azienda, storica icona dei camion e dei veicoli commerciali “Made in Italy”, si trova al centro di una partita che potrebbe cambiare il volto dell’industria nazionale e ridefinire i rapporti di forza nel comparto europeo. Secondo quanto trapelato da fonti finanziarie e confermato da Reuters, la holding Exor della famiglia Agnelli sarebbe pronta a mettere sul mercato la propria quota di controllo, aprendo le porte a una trattativa con il colosso indiano Tata Motors. Un’ipotesi che fino a pochi mesi fa sarebbe sembrata fantascienza, ma che oggi diventa una prospettiva concreta, capace di scuotere non solo i mercati, ma anche la politica e i lavoratori.
Non è un mistero che la situazione sia in continua evoluzione: la notizia della possibile vendita Iveco ha fatto impennare il titolo in Borsa, con un balzo dell’8% che ha lasciato intendere come gli investitori stiano guardando con interesse all’operazione. Ma dietro ai numeri e alle speculazioni finanziarie, si celano nodi strategici e industriali di primo piano. Il gruppo Exor, che detiene oltre il 27% del capitale sociale di Iveco, ha scelto la via del silenzio, evitando qualsiasi dichiarazione ufficiale e mantenendo un rigoroso “no comment” su una vicenda che rischia di avere ricadute ben più ampie di una semplice transazione azionaria.
Le indiscrezioni raccolte sul tavolo delle trattative parlano chiaro: l’eventuale passaggio di mano non coinvolgerebbe la divisione difesa (Idv), già oggetto di uno spin off separato, una mossa che da un lato tutela la componente più sensibile e strategica del gruppo, ma dall’altro alimenta interrogativi e preoccupazioni per il futuro degli altri asset. Il cuore della questione, però, batte forte nelle fabbriche e negli uffici, dove oltre 14mila lavoratori guardano con apprensione a quello che potrebbe essere l’inizio di una nuova era. Non è un caso che i sindacati si siano mossi in modo compatto e tempestivo, chiedendo a gran voce un incontro urgente con il ministro Adolfo Urso per ottenere garanzie e chiarezza sulla strategia industriale che si profila all’orizzonte.
Iveco nel focus dei sindacati
L’intervento dei sindacati non si è fatto attendere: la preoccupazione per l’occupazione è palpabile e attraversa tutte le sigle, unite dalla volontà di evitare che l’operazione si traduca in una perdita di posti di lavoro o in un ridimensionamento delle attività produttive sul territorio nazionale. Il timore, nemmeno troppo velato, è che la cessione possa rappresentare il preludio a una progressiva dismissione di competenze e tecnologie, un rischio che la politica non può permettersi di ignorare. Non a caso, esponenti di primo piano come Carlo Calenda hanno invocato l’utilizzo del golden power, lo strumento che consente al governo di intervenire a tutela degli asset strategici italiani, sia sul fronte dell’occupazione sia su quello del patrimonio tecnologico.
La vicenda si inserisce in un contesto più ampio, segnato dalla transizione ecologica e dall’acuirsi della competizione internazionale. Il settore dei veicoli commerciali è infatti chiamato a rispondere alle sfide della sostenibilità e dell’innovazione, con investimenti ingenti in ricerca e sviluppo e una corsa all’elettrificazione che non lascia spazio a esitazioni. In questo scenario, l’ingresso di un player globale come Tata Motors potrebbe rappresentare una svolta, ma anche un’incognita: da un lato, la possibilità di accedere a nuove risorse e mercati, dall’altro il rischio di perdere il controllo su un settore strategico per l’economia nazionale.
Sul fronte finanziario, la reazione degli investitori sembra suggerire una fiducia nella capacità di Tata Motors di valorizzare il marchio Iveco e rilanciarlo su scala internazionale. Ma tra gli addetti ai lavori e gli osservatori più attenti, resta forte la richiesta di trasparenza e di coinvolgimento di tutte le parti interessate. In ballo non c’è solo il futuro di una delle eccellenze italiane nel campo dei camion, ma anche la tenuta di un intero ecosistema industriale, fatto di fornitori, indotto e know-how accumulato in decenni di storia.
A rendere il quadro ancora più complesso contribuisce la questione della divisione difesa, esclusa dall’operazione ma centrale per gli equilibri geopolitici e industriali del Paese. La tutela degli asset strategici passa anche da qui, e sarà fondamentale capire quale ruolo intenda giocare il governo nei prossimi mesi. La partita è tutt’altro che chiusa, e ogni mossa potrebbe avere ripercussioni di vasta portata, non solo per Iveco, ma per l’intero comparto automotive italiano.
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