Sognava di sfrecciare in Italia, ma la sua Ferrari è finita sotto sequestro
Il mondo delle auto di lusso non smette mai di sorprendere, soprattutto quando si intrecciano Ferrari Purosangue, controlli serrati e tentativi di elusione fiscale. L’ultimo episodio che ha scosso il porto di Genova è il classico esempio di come il fascino del superlusso possa trasformarsi in un vero e proprio caso di contrabbando, portando con sé conseguenze legali e fiscali tutt’altro che trascurabili. Non capita tutti i giorni di vedere una supercar da sogno, valutata ben 700.000 euro, bloccata sulla banchina, mentre le autorità ricostruiscono ogni dettaglio del suo ingresso sospetto in Italia.
Tutto ha avuto inizio quando una Ferrari Purosangue con targa degli Emirati Arabi Uniti ha varcato i cancelli del Terminal Colombo, sbarcando da un traghetto proveniente da Tunisi. Al volante, un cittadino francese che, suo malgrado, si è trovato al centro di un’operazione congiunta orchestrata dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Dogane. Non è stato certo un caso: la combinazione di una vettura di quel calibro, con targa straniera e provenienza extra-UE, ha subito acceso una spia nei sistemi di controllo, che non lasciano nulla al caso quando si tratta di mezzi così esclusivi.
Gli accertamenti non hanno lasciato spazio a dubbi: mancavano all’appello gli adempimenti fiscali necessari per l’ingresso nel territorio comunitario. In altre parole, il tentativo era quello di aggirare i dazi doganali e l’IVA italiana, due voci che, su una vettura di questo valore, pesano come macigni. In effetti, per una Ferrari Purosangue dal prezzo di listino che sfiora i 700.000 euro, il solo dazio doganale si aggira intorno al 10%, mentre l’IVA, come noto, è fissata al 22%. Una somma che, se non versata, costituisce un danno erariale notevole, stimato in questo caso in circa 170.000 euro. Ecco spiegato perché la questione non si è limitata a una semplice sanzione amministrativa, ma ha assunto i contorni ben più gravi del contrabbando aggravato.
La procedura seguita dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Dogane è stata esemplare: una volta confermati i sospetti, l’auto è stata sottoposta a sequestro cautelare, mentre il conducente, pur rilasciato, è stato formalmente denunciato. Ora la parola passa all’autorità giudiziaria, che dovrà valutare le eventuali responsabilità penali e stabilire se vi siano altri soggetti coinvolti in questa intricata vicenda. Non si tratta di una formalità: il reato di contrabbando comporta sanzioni pesanti, che possono arrivare fino alla confisca definitiva del veicolo e a pene detentive significative.
L’episodio mette ancora una volta in luce l’importanza della vigilanza nei porti italiani, veri e propri snodi nevralgici per il traffico internazionale di beni di lusso. Le autorità, ormai rodate da anni di esperienza, sanno bene che le rotte dal Nord Africa e l’utilizzo di targhe di paesi fiscalmente vantaggiosi sono spesso segnali inequivocabili di possibili tentativi di evasione. In questo scenario, la collaborazione tra Guardia di Finanza e Agenzia delle Dogane si rivela fondamentale per arginare fenomeni che, se non controllati, rischiano di minare la regolarità del mercato e di sottrarre risorse preziose all’erario.
La Ferrari Purosangue, primo SUV nella storia del cavallino rampante, non è solo un simbolo di eccellenza tecnologica e di design, ma anche un oggetto del desiderio che, proprio per il suo valore, attira attenzioni non sempre lecite. In un mercato sempre più globale e interconnesso, il rischio che auto di questo calibro diventino protagoniste di operazioni di contrabbando è tutt’altro che remoto. Anzi, la tentazione di risparmiare illegalmente su IVA e dazi doganali è direttamente proporzionale al valore dell’auto stessa, rendendo ogni tentativo di elusione particolarmente remunerativo, almeno fino a quando non intervengono i controlli.
Le reazioni delle autorità non si sono fatte attendere: è stata sottolineata l’efficacia dei controlli e la necessità di mantenere alta la guardia, soprattutto nei confronti di pratiche elusive che sfruttano le pieghe della normativa internazionale. Dal lato della difesa, invece, per ora regna il silenzio, ma non è escluso che nei prossimi giorni emergano dettagli interessanti sulle motivazioni che hanno spinto il conducente a rischiare così tanto.
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