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FAP e AdBlue manomessi: ecco come la Polizia scopre chi trucca i motori

Di Vincenzo Calvarano
Pubblicato il 12 nov 2025
FAP e AdBlue manomessi: ecco come la Polizia scopre chi trucca i motori
Controlli intensificati su A4 e rete Alto Adriatico: strumenti diagnostici della Polizia Stradale individuano manomissioni di FAP e AdBlue.

La lotta contro le emissioni irregolari e le pratiche scorrette nel mondo dell’automotive si fa sempre più serrata. Negli ultimi mesi, le strade italiane sono diventate il palcoscenico di una vera e propria rivoluzione tecnologica nella lotta all’inquinamento, guidata dalla Polizia Stradale. Un giro di vite che non lascia spazio a compromessi: chi pensa di aggirare le regole rischia sanzioni pesantissime, il ritiro della carta di circolazione e, nei casi più gravi, il fermo amministrativo del veicolo fino a tre mesi. E non si tratta di semplici minacce, ma di misure concrete già applicate lungo le principali arterie del Nord-Est, dove la presenza di traffico intenso rende ancora più urgente il contrasto alle pratiche illecite.

Nel mirino delle forze dell’ordine ci sono soprattutto le manomissioni ai sistemi antinquinamento: la rimozione del FAP (filtro antiparticolato) e la disattivazione del AdBlue sono diventate, purtroppo, abitudini diffuse tra chi cerca scorciatoie per abbattere i costi di manutenzione o eludere le normative sulle emissioni. Tuttavia, il rischio di incappare in controlli sempre più sofisticati è altissimo. Da Palmanova, lungo la trafficata A4, parte una campagna di controlli che si affida a dispositivi diagnostici di ultima generazione collegati alla presa OBD. Grazie a questa tecnologia, gli agenti possono leggere in tempo reale i parametri delle centraline elettroniche, smascherando senza appello ogni tentativo di alterazione.

L’operazione, che ha già fatto registrare numerosi interventi e sanzioni, rappresenta un salto di qualità nella strategia di contrasto alle emissioni fuori legge. Gli strumenti a disposizione della Polizia Stradale consentono di rilevare anche le più piccole modifiche alle mappe della centralina, che spesso vengono effettuate in modo artigianale e senza alcun rispetto per le norme vigenti. Un vero e proprio colpo basso alla sicurezza stradale e alla tutela ambientale, che rischia di mettere in ginocchio non solo i trasgressori, ma anche chi si affida inconsapevolmente a officine poco raccomandabili.

Ma cosa cambia, nella pratica, per automobilisti e trasportatori? La risposta è semplice: la tolleranza zero verso la manomissione dei sistemi antinquinamento comporta conseguenze pesantissime. Non si parla solo di sanzioni economiche che superano i 4.000 euro, ma anche del ritiro immediato della carta di circolazione e del fermo amministrativo del mezzo. Per chi lavora nel settore dei trasporti, questo può significare la paralisi dell’attività e un danno di immagine difficilmente recuperabile. Un rischio che nessun professionista dovrebbe sottovalutare.

Non mancano, ovviamente, i segnali di allarme che possono far sospettare una manomissione: spie anomale sul cruscotto, consumi di carburante fuori norma e la sospetta assenza di richieste di ricarica AdBlue sono campanelli d’allarme da non ignorare. In questi casi, il consiglio degli esperti è sempre lo stesso: rivolgersi esclusivamente a officine autorizzate, in grado di effettuare controlli e ripristini nel pieno rispetto della legge. Interventi “fai da te” o affidati a operatori non certificati possono trasformarsi in un boomerang, con conseguenze ben più gravi del semplice risparmio economico.

Il dibattito tra prevenzione ambientale e costi per il settore dell’autotrasporto è più acceso che mai. Da una parte, le associazioni ambientaliste applaudono l’iniziativa della Polizia Stradale, sottolineando come la riduzione delle polveri sottili e degli ossidi di azoto sia una priorità irrinunciabile per la salute pubblica. Dall’altra, alcune rappresentanze dei trasportatori chiedono incentivi e sostegni per l’ammodernamento delle flotte, consapevoli che il rispetto delle normative comporta investimenti significativi. Tuttavia, la normativa è chiara e non lascia spazio a interpretazioni: qualsiasi modifica ai dispositivi antinquinamento, se non accompagnata dagli aggiornamenti ufficiali sulla carta di circolazione, costituisce un illecito amministrativo – e, nei casi più gravi, penale.

L’obiettivo dichiarato della Polizia Stradale è duplice: da un lato, garantire un effetto deterrente contro i “furbetti del diesel”; dall’altro, rafforzare il messaggio che sicurezza stradale e tutela ambientale sono valori imprescindibili, sui quali non si può transigere. La sperimentazione dei nuovi dispositivi diagnostici proseguirà nei prossimi mesi, con l’estensione dei controlli ad altri reparti e tratte stradali. Per chi ancora pensa di poter aggirare le regole, il messaggio è chiaro: la tecnologia non lascia scampo e le sanzioni sono pronte a colpire senza esitazione.

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