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Automotive, acciaio, vino: i dazi USA colpiscono al cuore l’Europa

Di Fabrizio Gimena
Pubblicato il 8 ago 2025
Automotive, acciaio, vino: i dazi USA colpiscono al cuore l’Europa
Entrano in vigore i nuovi dazi USA su auto, acciaio e vino. L’Europa attende il taglio delle tariffe promesso da Trump e von der Leyen. Impatto su export e aziende.

Nel cuore della notte americana, mentre in Europa si avvicendano preoccupazioni e interrogativi, si è abbattuta la nuova tempesta dei dazi USA. Una pioggia di tariffe più salate che, come una lama affilata, taglia trasversalmente settori strategici e filiere produttive, lasciando l’intero Vecchio Continente in una sorta di limbo normativo che rischia di diventare una palude per la crescita economica. Le nuove misure, entrate in vigore puntuali allo scoccare della mezzanotte, portano le aliquote su alcune merci a livelli che oscillano tra il 15% e il 41%, spazzando via la precedente imposta del 10% introdotta appena qualche mese fa, come se la primavera fosse già un ricordo sbiadito.

L’ordine esecutivo, firmato da Trump il 31 luglio, ha imposto una nuova soglia minima del 15% sulle importazioni europee, ma con la tipica incertezza che caratterizza le fasi di transizione: alcuni comparti chiave sono stati temporaneamente esclusi, in attesa di decisioni definitive che sembrano tardare più del previsto. Un esempio emblematico è quello dell’auto, il vero motore – è proprio il caso di dirlo – dell’export continentale. Nonostante un’intesa preliminare tra Trump e la presidente della Commissione europea von der Leyen avesse fatto sperare in una riduzione al 15%, l’aliquota per le automobili resta inchiodata al 27,5%. Una percentuale che pesa come un macigno sulle case automobilistiche, già provate da mesi di incertezza normativa e dal rischio concreto di vedere erosi i margini di competitività.

Dazi USA, non solo auto nel mirino

Ma non c’è solo l’automotive a navigare in acque agitate. Anche il settore dell’acciaio guarda con crescente apprensione all’evolversi della situazione. I prodotti siderurgici, insieme ai semiconduttori, ai farmaci e all’alluminio, sono finiti sotto la lente della famigerata Sezione 232, che tiene in sospeso il destino di centinaia di milioni di euro di esportazioni. L’incertezza è un tarlo che corrode la fiducia degli operatori, i quali, pur non essendo stati colti di sorpresa, ora chiedono a gran voce chiarezza e provvedimenti tempestivi. “Serve una rotta chiara”, ripetono le associazioni industriali, ben consapevoli che ogni giorno di attesa può tradursi in danni strutturali difficili da recuperare.

In questo scenario dai contorni sfumati, un altro settore simbolo dell’eccellenza europea rischia di pagare un prezzo salato: il vino. Le cantine, fiore all’occhiello del made in Europe, si ritrovano improvvisamente a dover ricalcolare strategie e bilanci, in attesa che Washington sciolga definitivamente i nodi sulle nuove aliquote. Le bottiglie destinate agli Stati Uniti sono ancora al sicuro – almeno per ora – grazie a una finestra di esenzione concessa alle merci già in transito o stoccate nei magazzini americani, che potranno essere sdoganate senza sovrapprezzo fino al 5 ottobre. Un piccolo spiraglio che, tuttavia, non basta a rassicurare gli operatori di settore, già alle prese con l’ennesima variabile in un mercato globale sempre più imprevedibile.

Sul fronte politico, intanto, il presidente Trump non perde occasione per rivendicare quella che considera una “vittoria commerciale”, celebrando sui social l’afflusso di “miliardi di dollari” nelle casse americane. Una narrazione trionfalistica che però si scontra con la realtà vissuta da centinaia di imprese europee, alle prese con costi crescenti e prospettive di sviluppo offuscate. L’Europa, dal canto suo, attende segnali concreti da Washington, sperando che le promesse di una riduzione delle tariffe sui settori strategici non restino lettera morta. “Le tariffe scenderanno molto, molto presto”, ha assicurato un alto funzionario UE all’Ansa, ma nel frattempo l’incertezza regna sovrana e le relazioni transatlantiche restano sospese a un filo sottile.

A preoccupare maggiormente è la mancanza di una prospettiva chiara. Gli analisti sottolineano come l’inasprimento dei dazi USA rischi di innescare una spirale di ritorsioni e contro-misure che potrebbe travolgere anche altri settori chiave, dal manifatturiero all’agroalimentare. Non a caso, molte imprese stanno già valutando strategie alternative per diversificare i mercati di sbocco, nella speranza di attenuare l’impatto delle nuove regole. Ma la sensazione diffusa è che, senza un accordo strutturale tra Stati Uniti ed Europa, la partita sia tutt’altro che chiusa.

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