L’uomo che si costruì da se un carro armato

Francesco Giorgi
17 Gennaio 2018
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Si chiamava Marvin Heemeyer, e nel 2004 decise di sacrificarsi deliberatamente per protesta contro un’amministrazione locale che, a suo dire, gli rendeva la vita impossibile.

Stanchi di lottare contro il potere della burocrazia? Ecco il vostro “eroe”: l’uomo che si costruì da se un carro armato – “da se” vada inteso come… con le proprie mani -, e convinto di essere dalla parte della ragione in una lunga disputa legale, non esitò a devastare gli edifici amministrativi della cittadina nella quale era ben visto e stimato come tecnico, ingegnere e titolare di un negozio di autoricambi.

Non sta a noi formulare alcun giudizio sulla figura di Marvin Heemeyer, che decise deliberatamente di levarsi la vita in quello che egli stesso definì come “un attacco alla burocrazia impossibile”. La sua storia ha due date precise: il 1992 e il 2004. Ovvero: quando acquistò a poco prezzo un terreno a Granby (Colorado) da destinare alla propria attività. E quando, dopo una lunga lotta con una società locale che si occupava della produzione di calcestruzzo, egli si dichiarò pressoché impossibilitato a raggiungere la propria azienda e, quindi, costretto a chiudere: e non, asseriva, per propria responsabilità.

La cementifera della discordia si era insediata proprio di fronte all’attività di Marvin Heemeyer, il quale negli anni aveva sempre ragginto il luogo passando, sì, per terreni adiacenti (l’area non aveva alcun accesso sulla strada); ma sempre senza alcuna difficoltà. Fino a quando, cioè, non arrivò la società produttrice di calcestruzzi. Permessi di accedere alla sua proprietà, secondo quanto lamentava lo stesso Heemeyer, neanche a parlarne.  Così come, da parte sua, qualsiasi accomodamento alle proposte di acquisizione della porzione di terreno sul quale sorgeva la sua piccola attività.

La cronaca riporta una fase successiva particolarmente frustrante per Heemeyer: richieste di realizzazione di una strada di accesso sistematicamente respinte; minacce di multe per migliaia di dollari da parte delle autorità locali alla sua proposta – seguita dall’acquisto di un bulldozer – di farsi carico di tasca propria della realizzazione di una strada. Una situazione kafkiana, che l’imprenditore cercò di mettere a conoscenza dell’opinione pubblica con petizioni, ricorsi legali, campagne mediatiche.

Chiunque, giunto a quel punto, si sarebbe arreso e avrebbe accettato la cessione della propria area anche ad un importo sensibilmente inferiore rispetto a quanto gli era stato precedentemente offerto. Ma non Marvin Heemeyer, che decise di passare alla “fase operativa”. Ovvero: se né l’amministrazione locale, né i tribunali, né l’opinione pubblica sono con me, non mi resta che agire di conseguenza. Nel giro di alcuni mesi – e anche “grazie” al materiale presente in quantità dalla adiacente cementifera -, Neemeyer si costruì da se un autentico carro armato.

Base di partenza, lo stesso bulldozer già acquistato con la volontà di realizzare la “famosa” strada mai concessa. Ma tutto intorno al veicolo, una struttura – dello spessore di oltre 70 cm – formata da una spessa lastra di acciaio, un secondo strato in calcestruzzo e, a coprire il tutto, una seconda “armatura” di acciaio. Un sistema di telecamere per vedere al di fuori del veicolo, un impianto ad aria compressa per rimuovere la polvere dalle telecamere stesse. Il tutto, realizzato nell’arco di alcuni mesi, nottetempo. Fino al 4 giugno 2004, quando cioè Heemeyer riempì il “carro armato” con provviste che gli avrebbero permesso di sopravvivere diverse settimane, sigillò le porte di accesso al veicolo e accese l’aria condizionata. Dopodiché, iniziò la sua personale vendetta.

Ben attento a non colpire alcun essere umano, Heemeyer se la prese con il terreno di sua personale proprietà, distruggendolo. Contro la stessa cementifera; persino contro il municipio, distruggendolo quasi totalmente. Contro la sede di una TV locale. Contro l’abitazione di un giudice, una banca, altri complessi amministrativi cittadini che si sarebbero resi corresponsabili di avergli reso la vita impossibile.

La pesantissima e completa armatura del “bulldozer” di Heemeyer resisteva assai bene a qualsiasi proiettile sparato dalla polizia locale, così come dalla SWAT e dall’esercito. Nonostante tre espolsioni, centinaia di colpi; del resto, non era neanche tecnicamente possibile sparare a distanza ravvicinata, essendo l’artigianale carro armato totalmente blindato da acciaio e calcestruzzo. Tuttavia, la corsa di Heemeyer e del suo carro armato artigianale era destinata a concludersi. Nell’abbattere un ennesimo edificio, il pesantissimo veicolo non poté più andare né avanti né indietro. Per non farsi catturare, Marvin Heemeyer si sparò un colpo alla testa.

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