Giulia e Stelvio rallentano, Cassino si ferma: cresce la paura tra i lavoratori
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Nel cuore dell’estate automobilistica italiana, un nuovo fermo produttivo scuote le fondamenta dello storico Cassino Plant, la fabbrica simbolo di un’epoca in cui la passione per i motori e l’orgoglio manifatturiero viaggiavano a braccetto. Questa volta, lo stop interesserà due settimane, dal 18 al 29 agosto, gettando una lunga ombra di incertezza su lavoratori, famiglie e sull’intero indotto del territorio. Il destino dello stabilimento, che ha dato i natali a modelli entrati nell’immaginario collettivo, appare oggi più che mai appeso a un filo sottile, teso tra passato glorioso e un futuro ancora tutto da scrivere.
Il vero nodo della questione ruota attorno a Alfa Romeo Giulia e Stelvio, autentiche icone del Made in Italy automobilistico, oggi però costrette a fare i conti con una domanda in costante flessione. La loro parabola, un tempo ascendente, sembra ora attraversare una fase di stanca, in attesa di quel tanto agognato ricambio generazionale previsto non prima del 2027. Un orizzonte temporale che rischia di apparire lontanissimo agli occhi dei quasi 2.500 addetti, oggi impegnati su un unico turno giornaliero, ben lontani dai fasti di una piena produzione auto che aveva reso Cassino uno dei fiori all’occhiello dell’industria italiana.
Non è un caso che tra le linee dello stabilimento serpeggi un sentimento misto di preoccupazione e amarezza. “Non è accettabile che i lavoratori vengano trattati come semplici elementi di flessibilità, senza tutele né certezze”, tuona Gennaro D’Avino, segretario del sindacato Uilm Uil, dando voce a un malcontento diffuso e chiedendo a gran voce un piano industriale trasparente, capace di restituire prospettiva e dignità a chi ogni giorno contribuisce a scrivere la storia del marchio.
La situazione, già di per sé complessa, si complica ulteriormente se si guarda alle performance della Maserati Grecale, altro modello di punta assemblato proprio tra le mura del Cassino Plant. Nonostante le attese, la Grecale non è riuscita a compensare il progressivo calo degli ordini di Giulia e Stelvio, lasciando lo stabilimento in balia di una navigazione a vista, scandita da frequenti sospensioni delle attività e dal ricorso agli ammortizzatori sociali. Una condizione che, di fatto, impedisce di pianificare il futuro con la necessaria serenità.
In questo scenario di grande incertezza, il timone della speranza è affidato alle parole dell’amministratore delegato Santo Ficili, che ha annunciato il lancio di edizioni speciali di Giulia e Stelvio già dal 2026. Un tentativo, quello di prolungare la vita commerciale dei due modelli, che mira a tenere viva la fiamma dell’interesse sul mercato, in attesa che la tanto attesa nuova generazione faccia il suo ingresso in scena. Tuttavia, per molti addetti ai lavori, questa mossa rischia di rivelarsi un semplice palliativo, incapace di affrontare alla radice le criticità strutturali che affliggono lo stabilimento.
Sul fronte dell’innovazione, tutti gli occhi sono puntati sulla piattaforma elettrica Stla Large, considerata la chiave di volta per il rilancio produttivo di Cassino. Eppure, la mancanza di dettagli concreti sulle tempistiche e sulle strategie di implementazione alimenta il malcontento tra i lavoratori e le rappresentanze sindacali, che denunciano una pericolosa assenza di trasparenza. Negli ultimi mesi, infatti, il Cassino Plant è stato teatro di numerose interruzioni, con conseguente perdita di competitività e crescente incertezza occupazionale.
La vicenda di Cassino non è che la punta dell’iceberg di una crisi più ampia che attraversa l’intera filiera automotive italiana. Transizione elettrica, concorrenza internazionale sempre più agguerrita e la necessità di salvaguardare l’occupazione sono sfide che impongono scelte coraggiose e visione strategica. In questo contesto, il destino di Alfa Romeo Giulia, Stelvio e degli altri modelli prodotti a Cassino diventa cartina di tornasole delle trasformazioni in atto nel settore.
Oggi più che mai, il futuro del Cassino Plant e dei suoi lavoratori dipende dalla capacità di Stellantis di mettere in campo investimenti concreti e un piano industriale all’altezza delle aspettative. Senza un intervento deciso, il rischio è quello di vedere spegnersi una delle eccellenze della produzione auto italiana, con ripercussioni pesantissime non solo per l’economia locale, ma per l’intero tessuto produttivo nazionale.
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