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Blocco Diesel Euro 5: slitta al 2026, coinvolte solo le grandi città

Di Simone Fiderlisi
Pubblicato il 8 lug 2025
Blocco Diesel Euro 5: slitta al 2026, coinvolte solo le grandi città
Il blocco dei diesel Euro 5 slitta al 1 ottobre 2026 e coinvolgerà solo i comuni sopra i 100 mila abitanti. Ecco i numeri e le nuove regole.

C’è un sospiro di sollievo che attraversa le strade d’Italia: il tanto temuto diesel Euro 5 potrà ancora circolare per altri due anni, grazie al recente rinvio deciso dal Ministero delle Infrastrutture. Una decisione che, come un vento di primavera, porta una boccata d’aria fresca a milioni di automobilisti e famiglie che, in questi tempi di incertezza economica, guardavano con preoccupazione all’orizzonte del blocco auto. Ma non si tratta solo di un rinvio tecnico: la nuova soglia di applicazione, che coinvolge solo le città sopra i 100 mila abitanti (rispetto ai 30 mila precedenti), cambia le carte in tavola e riscrive la geografia dell’impatto, lasciando fuori molti centri urbani di media grandezza e dando fiato a chi, con sacrificio, tiene ancora in vita la propria vettura.

Dietro questa scelta, c’è la ferma volontà del ministro Matteo Salvini, che ha raccolto le istanze di Regioni e cittadini, ascoltando le voci di chi, tra le pieghe della quotidianità, deve fare i conti con i costi di un’auto nuova e le incertezze di un futuro sempre più orientato verso la mobilità sostenibile. Il Ministero delle Infrastrutture ha così approvato un emendamento al decreto Infrastrutture che posticipa al 2026 l’entrata in vigore del divieto di circolazione per i veicoli diesel Euro 5. Una mossa che, pur non risolvendo il problema strutturale dell’obsolescenza del parco auto italiano, offre una finestra temporale preziosa per adattarsi ai cambiamenti e, magari, programmare investimenti più ragionati e sostenibili.

Guardando ai numeri, il quadro è chiaro: le grandi metropoli del Nord saranno quelle a pagare il prezzo più alto quando il blocco auto diventerà realtà. In Lombardia, ad esempio, circolano ben 484 mila veicoli Euro 5, mentre il Veneto ne conta oltre 340 mila, l’Emilia-Romagna circa 270 mila e il Piemonte 236 mila. Se si entra nel dettaglio delle città, Milano dovrà rinunciare a 38 mila auto, Torino a 34.225, Bologna a 17.900, Verona a 16.111 e Padova a 11.813. Dati che fotografano non solo la dimensione del fenomeno, ma anche il suo impatto diretto sulla vita quotidiana di migliaia di persone e imprese.

La vera novità di questa misura, però, è la maggiore autonomia concessa alle amministrazioni regionali. Dopo ottobre 2026, infatti, le Regioni potranno valutare se includere o meno il blocco auto per i diesel Euro 5 nei loro piani per la qualità dell’aria, sempre nel rispetto delle direttive europee sull’inquinamento. Un margine di manovra che consente di adattare le politiche alle specificità territoriali, senza rinunciare all’obiettivo comune di migliorare la salute pubblica e ridurre le emissioni nocive nei centri urbani. Ma attenzione: questa flessibilità non è un lasciapassare per l’immobilismo. Le Regioni dovranno comunque mettere in campo misure alternative per contenere l’inquinamento atmosferico, dimostrando con i fatti di voler invertire la rotta verso una mobilità più pulita e responsabile.

Resta, tuttavia, il nodo irrisolto dell’età media del parco auto italiano. Secondo i dati ACI, le auto che percorrono le nostre strade hanno in media 13 anni, con il 25% dei veicoli che supera i 19 anni di anzianità. Un dato che pesa come un macigno sulle strategie di rinnovo e che, secondo AutoScout24, si traduce in un 44,5% di vetture circolanti appartenenti alle classi Euro 4 o inferiori. Di queste, ben 4,28 milioni sono Euro 0-1, simbolo di un passato che fatica a lasciare spazio al futuro.

Il rinvio del blocco auto per i diesel Euro 5 rappresenta, dunque, una tregua temporanea, ma non deve essere interpretato come una soluzione definitiva. È una sorta di pit-stop, una pausa tecnica che permette a famiglie e imprese di riorganizzarsi, ma che non cancella la necessità di un cambiamento strutturale. Se da un lato si evitano colpi di scena e si offre un margine di respiro in tempi di crisi, dall’altro resta l’urgenza di avviare una stagione di investimenti mirati nella mobilità sostenibile, nella promozione di veicoli a basse emissioni e nel rinnovo progressivo del parco auto nazionale.

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