Auto elettriche, l’Italia arranca: incentivi, Pnrr e infrastrutture al palo
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L’Italia continua a marciare a rilento nella corsa verso la mobilità sostenibile, e la fotografia scattata dalla Commissione Europea non lascia spazio a dubbi: il Belpaese è ancora indietro quando si parla di auto elettriche. In un contesto europeo dove la transizione ecologica rappresenta la vera cartina tornasole delle politiche industriali e ambientali, la situazione italiana appare ancora più evidente se paragonata alle performance di altre nazioni, come la virtuosa Norvegia, che ormai è diventata il benchmark di riferimento per l’intero settore.
Nel suo recente rapporto di valutazione sui Piani nazionali energia e clima, la Commissione Europea ha acceso i riflettori su una serie di criticità che rischiano di rallentare ulteriormente il cammino verso gli obiettivi fissati dal Green Deal. La raccomandazione è chiara: serve una svolta, sia sul fronte degli incentivi auto elettriche che su quello delle infrastrutture, con una revisione mirata della tassazione sui veicoli, da calibrare sulle emissioni di CO2. Un invito che suona come un campanello d’allarme per il governo italiano, chiamato a rispondere con misure concrete e tempestive.
Se da un lato il nuovo schema di incentivi auto elettriche promette di dare una spinta importante al mercato – con la possibilità, dal 2025, di accedere a sconti fino a 11.000 euro per chi acquista una vettura a zero emissioni, con importi modulati in base all’ISEE – dall’altro rimangono ancora molti nodi da sciogliere. È il caso, ad esempio, dei fondi del Pnrr: ben 597 milioni di euro stanziati per lo sviluppo delle colonnine di ricarica risultano ancora largamente inutilizzati, vittime di una burocrazia che fatica a tenere il passo con la rapidità richiesta dal mercato. Una situazione che rischia di compromettere la competitività dell’intero comparto e di frenare la diffusione delle auto a batteria, proprio nel momento in cui il mercato avrebbe bisogno di certezze e di una visione strategica di lungo periodo.
Il confronto con il resto d’Europa è impietoso. Basta guardare alla Norvegia, dove a luglio 2025 il 97,2% delle nuove immatricolazioni ha riguardato veicoli elettrici a batteria. Un risultato frutto di politiche lungimiranti, incentivi costanti e una rete di infrastrutture capillare, che ha reso la transizione non solo possibile, ma anche conveniente per i cittadini. In Italia, invece, nello stesso periodo le auto elettriche si sono fermate a 5.764 unità, pari a un timido 4,85% del mercato. Un dato che, seppur in crescita, appare ancora lontano dagli standard europei e testimonia la necessità di un cambio di passo deciso.
A complicare ulteriormente il quadro ci sono le perplessità degli automobilisti. Secondo uno studio Peugeot-IFOP, il 96% dei francesi individua ancora ostacoli all’adozione dell’elettrico, soprattutto in termini di autonomia, disponibilità delle colonnine di ricarica e costi complessivi. Timori condivisi anche dagli italiani, che chiedono maggiore chiarezza sugli incentivi e un’infrastruttura di ricarica più diffusa. In questo scenario, l’innovazione tecnologica rappresenta una delle chiavi per sbloccare il potenziale del mercato: basti pensare alle batterie al grafene, che promettono tempi di ricarica ridotti e autonomie sempre più elevate, elementi fondamentali per superare le resistenze degli utenti e rendere l’auto elettrica una scelta realmente competitiva.
Nel frattempo, la concorrenza internazionale non sta a guardare. I produttori cinesi, con in testa XPENG, stanno conquistando fette di mercato sempre più ampie grazie a modelli tecnologicamente avanzati e prezzi aggressivi. Un segnale inequivocabile che il settore automotive sta vivendo una trasformazione profonda, dove la capacità di innovare e adattarsi alle nuove esigenze dei consumatori farà la differenza tra chi resterà al passo coi tempi e chi rischia di essere tagliato fuori.
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