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Auto elettriche in Europa: Norvegia al 97%, Italia al 12%

Di Simone Fiderlisi
Pubblicato il 23 dic 2025
Auto elettriche in Europa: Norvegia al 97%, Italia al 12%
Immatricolazioni in aumento in Europa Occidentale; le auto elettriche crescono al 23,5% mentre permangono cali rispetto al 2019.

Il mercato dell’automobile in Europa Occidentale sta vivendo una fase di trasformazione profonda, fatta di numeri in crescita ma ancora ben lontani dal clima frizzante degli anni pre-pandemici. Nel mese di novembre 2025, le vendite auto hanno registrato un totale di 1.079.600 nuove immatricolazioni, segnando un incremento del 2,4% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Tuttavia, se si guarda indietro al 2019, il confronto è impietoso: il calo si attesta al 10,9%, a testimonianza di una ripresa che, pur procedendo, mantiene il freno a mano tirato. Nei primi undici mesi dell’anno, il totale delle auto nuove vendute tocca quota 12.098.687, con una crescita dell’1,9% sul 2024, ma la distanza dai livelli pre-pandemia resta netta, con un divario del 16,8%. Una fotografia, questa, che racconta di un settore in bilico tra passato e futuro, sospeso tra vecchie abitudini e nuove sfide.

Auto elettriche in Europa, si sale al 23,5 %

Protagoniste indiscusse di questa fase sono senza dubbio le auto elettriche, che hanno conquistato una quota mercato sempre più rilevante, salendo al 23,5%. Un balzo in avanti che non si può ignorare e che trova le sue radici in un mix di fattori: l’ampliamento dell’offerta di modelli, la spinta delle politiche pubbliche e, soprattutto, l’effetto trainante degli incentivi messi in campo dai governi. L’Europa, tuttavia, si muove a velocità diverse. Da una parte c’è la Norvegia, dove la penetrazione delle vetture a batteria ha raggiunto il 97,7%, un risultato che sembra quasi fantascientifico se paragonato ad altri Paesi. Dall’altra c’è l’Italia, che, pur partendo da una posizione di retroguardia, ha visto la propria quota salire dal 5,2% al 12,3% proprio grazie ai nuovi sostegni statali. Questo scatto in avanti dimostra quanto le politiche di supporto possano fare la differenza in un mercato ancora dominato da forti resistenze culturali e infrastrutturali.

In questo scenario, però, non tutti i costruttori riescono a tenere il passo. Il gruppo Stellantis, ad esempio, si trova a dover fare i conti con una contrazione delle immatricolazioni: nei primi undici mesi del 2025, il calo è stato del 4,5%, con una quota mercato scivolata dal 15,5% al 14,6%. Un dato che non passa inosservato e che riflette le difficoltà dei grandi gruppi tradizionali nell’adattarsi ai nuovi equilibri imposti dalla transizione energetica. La perdita di competitività nei segmenti più classici si scontra con l’avanzata di nuovi attori, in particolare i marchi cinesi, capaci di aggredire il mercato delle auto elettriche con offerte aggressive e prezzi concorrenziali. È una sfida che si gioca su più fronti: innovazione tecnologica, capacità produttiva e, non da ultimo, abilità nel leggere i cambiamenti delle preferenze dei consumatori.

Il Centro Studi Promotor lancia un monito chiaro: la transizione verso una mobilità più sostenibile, se da un lato rappresenta una leva fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi climatici, dall’altro comporta inevitabili ripercussioni sul tessuto industriale. Le normative sempre più stringenti, infatti, rischiano di penalizzare i costruttori storici, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro e imponendo la necessità di ristrutturazioni profonde. Per questo motivo, secondo gli esperti, è indispensabile affiancare alla spinta green misure di compensazione efficaci, in grado di accompagnare le aziende in questo delicato passaggio senza lasciare indietro nessuno.

Non mancano, inoltre, ostacoli concreti che rallentano la corsa verso l’elettrificazione di massa. I costi delle batterie rimangono elevati, incidendo pesantemente sui prezzi finali delle vetture e, di conseguenza, sull’accessibilità per una larga fetta di consumatori. I tempi di adeguamento produttivo sono tutt’altro che brevi, mentre l’accettazione da parte del pubblico procede a rilento, soprattutto nei Paesi dove le infrastrutture di ricarica sono ancora insufficienti. La situazione, quindi, si presenta a macchia di leopardo: alcune nazioni avanzano spedite, altre arrancano, creando un’Europa a due velocità anche sul fronte della mobilità sostenibile.

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