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Le nuove batterie promettono 3.000 km in 5 minuti

Di Vincenzo Calvarano
Pubblicato il 17 ott 2025
Le nuove batterie promettono 3.000 km in 5 minuti
La Cina accelera sulle batterie allo stato solido: brevetti di Nio, Huawei e Xiaomi promettono autonomie e ricariche rivoluzionarie.

In un panorama automobilistico sempre più orientato verso la transizione elettrica, la batterie allo stato solido si candidano come la vera rivoluzione silenziosa che potrebbe ridefinire i confini della mobilità. Se fino a ieri l’autonomia limitata e i tempi di ricarica rappresentavano ostacoli quasi insormontabili, oggi la ricerca cinese spinge sull’acceleratore, promettendo un futuro dove questi limiti potrebbero diventare solo un ricordo. E non si tratta di semplici suggestioni futuristiche: tra laboratori d’avanguardia e colossi industriali, la Cina ha avviato una corsa senza precedenti per portare sul mercato batterie più sicure, efficienti e capaci di performance mai viste prima.

Al centro di questa rivoluzione si trova il litio metallo, materiale chiave che, se gestito con sapienza, permette di raggiungere densità energetiche impensabili con le tecnologie tradizionali. La vera sfida, però, è sempre stata quella di garantire un’interfaccia stabile tra il litio e gli elettroliti solidi, evitando la formazione di dendriti che potrebbero compromettere la sicurezza delle celle. In questo scenario, i ricercatori dell’Istituto di Fisica dell’Accademia Cinese delle Scienze hanno compiuto un passo decisivo: l’introduzione di ioni di iodio ha permesso di migliorare in modo significativo il trasporto ionico, rendendo il sistema più efficiente e stabile.

Parallelamente, l’Istituto di Ricerca sui Metalli ha sviluppato un elettrolita polimerico ultra-flessibile, in grado di sopportare 20.000 cicli di deformazione senza perdere le sue proprietà. Questo significa un incremento della densità energetica dell’86%, una cifra che lascia intendere la portata della trasformazione in atto. Non meno rilevante il contributo dell’Università di Tsinghua, che ha creato elettroliti rinforzati con polieteri fluorurati, capaci di mantenere la loro stabilità fino a 120°C e di resistere persino a test di perforazione senza rischi di incendio. Un dettaglio, quest’ultimo, che sottolinea quanto la sicurezza sia diventata una priorità assoluta nel nuovo corso della ricerca sulle batterie.

Sul fronte industriale, i grandi nomi non stanno certo a guardare. Nio, ad esempio, ha già annunciato il lancio di veicoli equipaggiati con celle semisolide da 150 kWh e una densità energetica di 360 Wh/kg, puntando a raggiungere la fatidica autonomia 1000 km. Un traguardo che, fino a poco tempo fa, sembrava appartenere più al mondo della fantascienza che a quello della produzione di serie. Ma non è tutto: Huawei rilancia la sfida con brevetti su celle a base di solfuro, capaci di raggiungere densità comprese tra 400 e 500 Wh/kg. Le promesse parlano chiaro: autonomie fino a 3.000 km e ricariche complete in appena cinque minuti, una prospettiva che potrebbe cambiare radicalmente le abitudini di chi si affida ogni giorno all’auto elettrica.

A questa gara all’innovazione si aggiunge anche Xiaomi, che non ha certo intenzione di restare ai margini della rivoluzione. I suoi brevetti puntano a migliorare ulteriormente la conduttività ionica, con l’obiettivo dichiarato di raggiungere i 1.200 km di autonomia. Una rincorsa tecnologica che coinvolge non solo la progettazione delle celle, ma anche l’ottimizzazione dei materiali di interfaccia e la gestione termica, per garantire performance elevate senza compromettere la sicurezza.

Tuttavia, come spesso accade quando si parla di salti tecnologici, la prudenza è d’obbligo. Gli esperti sottolineano che i risultati ottenuti in laboratorio, seppur straordinari, devono ancora superare la prova della produzione su larga scala. Le criticità non mancano: mantenere la stabilità delle celle nel tempo, assicurare controlli di qualità rigorosi e sviluppare sistemi di gestione termica adeguati sono solo alcune delle sfide che attendono l’industria. L’alta densità energetica, infatti, se da un lato apre scenari inediti in termini di autonomia e rapidità di ricarica, dall’altro impone una sorveglianza costante per evitare rischi di surriscaldamento.

Nonostante queste incognite, i progressi nella composizione degli elettroliti e nei materiali di interfaccia sembrano aver ridotto in modo significativo il rischio di formazione dei dendriti, aumentando al contempo la robustezza meccanica delle celle. Se tali risultati venissero confermati anche in ambito industriale, potremmo davvero assistere a un cambio di paradigma nella mobilità elettrica. Per i consumatori, ciò significherebbe veicoli con autonomie quadruplicate rispetto agli standard attuali e tempi di ricarica ridotti a pochi minuti: un salto qualitativo che trasformerebbe l’esperienza di guida e il concetto stesso di viaggio su quattro ruote.

Resta, tuttavia, il nodo cruciale dell’infrastruttura di ricarica, delle politiche energetiche e della disponibilità di materie prime. Senza un adeguato supporto su questi fronti, anche la migliore delle tecnologie rischia di rimanere confinata a una nicchia. Ma la sinergia tra ricerca accademica e sviluppo industriale, che vede la Cina protagonista assoluta, lascia ben sperare: se il passaggio dalle promesse alla realtà commerciale globale richiederà ancora tempo, test approfonditi e certificazioni internazionali, è ormai chiaro che la strada è tracciata. E il futuro dell’auto elettrica, oggi più che mai, sembra pronto a imboccare una nuova direzione.

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