Mercedes: in Germania indagini sulle emissioni della GLK

Francesco Giorgi
15 Aprile 2019
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Secondo una news riportata dalla Bild am Sonntag, l’accusa a Daimler AG è di avere dotato 60.000 esemplari di Mercedes GLK 220CDI con un defeat device per le emissioni degli ossidi di azoto.

C’è un nuovo sospetto di “inganno” nei test di fabbrica relativi alle emissioni allo scarico; e questa volta riguarderebbe Daimler AG: secondo quanto pubblicato nelle scorse ore dalla Bild am Sonntag, edizione domenicale del quotidiano tedesco Bild (notizia riportata anche dall’edizione europea di Automotive News), la Kba-Kraftfahrt-Bundesamt, ovvero l’autorità federale dei Trasporti, sta procedendo all’indagine sul colosso di Stoccarda, “accusato” di avere equipaggiato circa 60.000 esemplari del SUV Mercedes GLK 220CDI, prodotte fra il 2012 ed il 2015 (qui il nostro test drive), con un software che conteneva un comando in grado di fare rispettare all’unità motrice i limiti di emissioni corrispondenti agli standard Euro 5.

Nel dettaglio, spiega l’organo di stampa tedesco in riferimento a questo ennesimo episodio di post-Dieselgate che indicherebbe come l’”onda lunga” della questione deflagrata a livello mondiale all’inizio dell’autunno 2015 non sia affatto terminata (questione che, soltanto per Daimler, ha già comportato richiami per tre milioni di autoveicoli turbodiesel), l’inchiesta avviata dalla KBA riguarderebbe il sospetto utilizzo di un sistema elettronico di gestione delle emissioni, programmato con l’obiettivo di conservare la temperatura del circuito di raffreddamento adeguatamente bassa per ritardare i tempi di riscaldamento del lubrificante del motore. Con questo stratagemma, si sarebbe potuto mantenere entro i limiti del “vecchio” ciclo NEDC (in vigore all’epoca cui si riferisce l’indagine) il livello delle emissioni degli ossidi di azoto, salvo poi appurare che, nel reale utilizzo su strada, i 180 mg/km di NOx stabiliti dagli standard Euro 5 quale soglia massima sarebbero stati superati.

La stessa Bild am Sonntag sostiene l’ipotesi che i tecnici Daimler AG abbiano a suo tempo cercato di eliminare il software incriminato nei successivi aggiornamenti: i vertici Mercedes, se da un lato confermano l’esistenza di indagini interne sulla produzione di Mercedes GLK avvenuta fra il 2012 ed il 2015 (azione che andrebbe di pari passo con la collaborazione attuata con la stessa KBA ed il ministero tedesco dei Trasporti già nel 2017, al momento cioè dell’ordine di richiamo per 3 milioni di autoveicoli atto ad aggiornare i software di riduzione delle emissioni di ossidi di azoto), dall’altro rigettano qualsiasi accusa di avere cercato di fare sparire eventuali tracce di software: “L’affermazione secondo cui noi avremmo avuto qualcosa da nascondere non è corretta”, dichiara un portavoce Daimler AG.

Questo episodio non sarebbe che l’ultimo, in ordine di tempo, di una lunga catena che, in tre anni e mezzo, ha coinvolto pressoché tutti i big player del comparto automotive tedesco. Ricordiamo, giusto un paio di settimane fa (qui il nostro approfondimento), l’accusa sollevata dalla Commissione Europea ai danni di Bmw, della stessa Daimler AG e del Gruppo VW (per Volkswagen, Audi e Porsche) di avere violato, per circa un decennio, le normative antitrust europee, in modo da limitare scientemente possibili concorrenze in materia di sviluppo dei sistemi di riduzione delle emissioni dai motori a benzina e turbodiesel per autovetture: in buona sostanza, le “big Three” dell’auto made in Germany avrebbero creato un cartello finalizzato alla condivisione delle scelte tecniche sui temi delle emissioni inquinanti.

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