Legge di Bilancio 2026: il Governo riscrive il prezzo dei carburanti
Il 2026 segnerà una svolta epocale per il settore dei carburanti in Italia, con una riforma che promette di mettere fine a una delle più antiche disparità fiscali del comparto: quella tra benzina e diesel. Un tema che, tra dibattiti accesi e previsioni di impatto, si appresta a entrare con forza nell’agenda di automobilisti, operatori del settore e istituzioni. Ma cosa cambierà davvero? E quali saranno le conseguenze sulle tasche degli italiani, sulle casse dello Stato e sulle strategie per una mobilità più sostenibile?
La partita si gioca tutta attorno alle accise carburanti, vero ago della bilancia nei prezzi alla pompa e nella fiscalità dei trasporti. Il nuovo provvedimento, inserito nel disegno di legge della Legge di Bilancio 2026, prevede l’uniformazione delle accise a 672,90 euro per mille litri sia per la benzina che per il diesel. In pratica, dal 1° gennaio 2026, il carburante verde vedrà una riduzione dell’accisa di 4,05 centesimi al litro, mentre il gasolio subirà un aumento esattamente speculare. Un cambiamento che mette finalmente sullo stesso piano i due principali carburanti, dopo decenni di trattamento differenziato che aveva spesso suscitato polemiche e richieste di revisione da parte di consumatori e operatori.
Sul fronte dei prezzi alla pompa, l’impatto sarà immediato, ma – come spesso accade in Italia – non privo di incognite. Se da un lato la diminuzione dell’accisa sulla benzina dovrebbe tradursi in un calo del prezzo finale, dall’altro il rincaro sul diesel rischia di essere recepito in modo assai più rapido dai listini. A mettere in guardia da questa asimmetria è proprio il Codacons, che da anni monitora con attenzione l’andamento dei prezzi dei carburanti. Secondo l’associazione, la storia insegna che le riduzioni di costo vengono trasferite ai consumatori con una lentezza esasperante, mentre gli aumenti – specie per il gasolio – si riflettono quasi in tempo reale. Una dinamica che, se non corretta da adeguati controlli e trasparenza, rischia di vanificare parte dei benefici attesi dalla riforma.
Ma c’è un altro dato che merita attenzione: quello dell’extra gettito per lo Stato. Le stime ufficiali parlano chiaro: già nel 2026 le casse pubbliche potrebbero incassare oltre 550 milioni di euro aggiuntivi grazie all’uniformazione delle accise, con un impatto cumulativo che sfiorerà i 2,6 miliardi di euro entro il 2033. Numeri importanti, che potrebbero fare la differenza in un periodo di forte pressione sui conti pubblici. Tuttavia, il quadro resta legato a variabili di mercato tutt’altro che trascurabili: l’andamento dei prezzi internazionali del petrolio, le oscillazioni dei consumi e il progressivo calo delle immatricolazioni di veicoli diesel, ormai sotto i riflettori anche per le nuove normative ambientali.
Ed è proprio su questo fronte che entra in gioco la questione della transizione energetica. L’Unione Petrolifera (Unem) ha già avanzato una proposta precisa: destinare parte dell’extra gettito alla promozione dei biocarburanti e delle soluzioni a bassa impronta carbonica. Un’idea che va oltre la semplice redistribuzione delle risorse, puntando a sostenere fiscalmente le alternative più virtuose e a incentivare gli investimenti in ricerca e sviluppo. In altre parole, trasformare una riforma fiscale in una leva strategica per accelerare la decarbonizzazione dei trasporti, favorendo una mobilità sempre più pulita e innovativa.
Non mancano, però, le preoccupazioni sul fronte della tutela dei consumatori. Le associazioni di categoria hanno già acceso i riflettori sul rischio di speculazioni e comportamenti scorretti lungo la filiera distributiva. Per questo motivo, si invoca un rafforzamento dei controlli e una maggiore trasparenza nell’adeguamento dei prezzi, così da evitare che i vantaggi per le famiglie e le imprese vengano erosi da dinamiche poco chiare o da manovre opportunistiche. In questo scenario, la vigilanza delle autorità e il ruolo attivo delle associazioni come il Codacons diventano strumenti fondamentali per garantire equità e correttezza.
La misura, che dovrà ora affrontare l’iter parlamentare, si presenta dunque come un vero banco di prova per il settore energetico e dei trasporti. Da un lato, l’obiettivo di assicurare una maggiore equità fiscale e di allineare l’Italia agli standard europei; dall’altro, la necessità di non perdere di vista la protezione dei consumatori e gli ambiziosi obiettivi ambientali fissati per i prossimi anni. Un equilibrio delicato, che richiederà attenzione, trasparenza e capacità di adattamento da parte di tutti gli attori coinvolti. Il 2026 sarà solo l’inizio di una nuova era, in cui la parola d’ordine sarà “parità”, ma con lo sguardo già rivolto alle sfide – e alle opportunità – della mobilità del futuro.
Se vuoi aggiornamenti su News inserisci la tua email nel box qui sotto:
Ti potrebbe interessare