Drifting: quando la guida è di traverso

Andrea Tomelleri
15 Novembre 2016
Drifting: quando la guida è di traverso

La guida di traverso, meglio conosciuta come drifting, è una spettacolare e impegnativa specialità motoristica che viene dal Giappone.

La guida di traverso, meglio conosciuta come drifting, è una spettacolare e impegnativa specialità motoristica che viene dal Giappone.

Letteralmente significa “andare alla deriva”, ma per gli appassionati di auto è associato a nuvole di fumo, segni sull’asfalto e tanto spettacolo. Stiamo parlando del drifting, una tecnica motoristica che consiste nel condurre l’auto in sbandata controllata, cioè realizzando quello in gergo che viene chiamato un “traverso”. Il grande impatto scenografico e la tecnica sopraffina che viene richiesta ai piloti ne hanno decretato il successo, tanto che sono nati anche dei campionati dedicati. Ovviamente il drifting è possibile solo con auto a trazione posteriore, perché la tecnica consiste proprio nella perdita di aderenza delle ruote dietro, quelle cioè che scaricano a terra la potenza del motore.

Sebbene oggi il drifting sia diffuso in tutto il mondo, è una specialità di guida legata a doppio filo con il Giappone. Qui, infatti, questa disciplina si è diffusa maggiormente e soprattutto è proprio nel paese del Sol Levante che questa tecnica è nata. Sebbene altri piloti – primo fra tutti Tazio Nuvolari –  divennero celebri per le loro sbandate controllate, il “padre” del drifting moderno è considerato il pilota di auto e moto Kunimitsu Takahashi. All’inizio degli anni ’70, Takahashi inventò i fondamenti della tecnica, senza però affinarli e svilupparli. Fu invece un altro giapponese, Keiichi Tsuchiya, soprannominato “the Drift King”, a perfezionare la tecnica di sbandata controllata. Tsuchiya la utilizzò nelle gare clandestine sulle montagne del Giappone, creando anche delle competizioni notturne di uphill e downhill.

Il drifting oggi è una vera e propria disciplina motoristica, che conta decine di campionati dedicati in tutto il mondo, che si svolgono in autodromo o in strade chiuse al traffico. Non si tratta di competizioni di velocità, ma di abilità: i piloti non devono correre più veloci degli altri, ma devono essere più abili nel controllare la vettura nei traversi, seguendo precise regole. Ad esempio, non è consentito far riprendere aderenza alle ruote posteriori, né procedere in rettilineo con le ruote anteriori dritte. E’ previsto anche il passaggio vicino a precisi punti del percorso (detti Clipping Point, che spesso sono birilli o muri) senza mai toccarli. La prestazione del pilota viene valutata da una apposita giuria di esperti, che emette un giudizio finale.

Le auto maggiormente utilizzate per il drifting sono vetture leggere e facili da controllare, con molta potenza al posteriore. I modelli più apprezzati per questa specialità, perlopiù di produzione giapponese, sono le Mazda MX-5,  RX-7 e RX-8, le Toyota GT86 e Supra, le Nissan Silvia S15, 350Z e Skyline GT-R (R32, R33 e R34), le Subaru Impreza e BRZ, la Mitsubishi Lancer Evo, le BMW M3 ed M4, la Dodge Viper SRT e la Ford Mustang.

Recentemente, la serie cinematografica “Fast and Furious” ha contribuito alla popolarità del drifting. In particolare, il terzo capitolo della serie, “Tokyo Drift”, è completamente dedicato alle gare clandestine di drifting sulle strade della capitale giapponese.

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