Alfa e Lancia… crederci oppure no?

Fabrizio Brunetti
11 Dicembre 2009
Alfa e Lancia… crederci oppure no?

Marchionne pensiero o clamorosa bufala il presunto abbandono dei marchi di prestigio del gruppo?

Marchionne pensiero o clamorosa bufala il presunto abbandono dei marchi di prestigio del gruppo?

Stando ad alcune espressioni contenute in un’intervista rilasciata da un loquacissimo Sergio Marchionne ad “Automotive News Europe”, sembra che pesanti ombre aleggino sul futuro dei prestigiosi e amatissimi marchi italiani da sempre simbolo di due contrapposte filosofie automobilistiche: sportività per Alfa, classe e distintività per Lancia.

“Per i due marchi di nicchia il futuro attualmente immaginato non è più assicurato” è stato questo l’inizio dell’intervento di Marchionne che ha creato non pochi timori tra gli appassionati e gli addetti ai lavori intenti a soppesarne le parole.

Il “futuro immaginato” cui fa riferimento il grande capo del Gruppo Fiat è sicuramente quello delineato nella storica presentazione del piano Chrysler, ad Auburn Hills, lo scorso 4 novembre.

Lo slittamento al 2012 del ritorno Alfa Romeo negli USA, con produzione locale e commercializzazione, ha infatti lasciato intendere che tutti i modelli del gruppo dei segmenti D e E, quindi anche la Giulia, erede della 159, e quella eventuale della 166, nonché l’ammiraglia Lancia e il “dopo Croma” per Fiat, saranno basati su pianali e motorizzazioni a benzina firmati Chrysler.[!BANNER]

Per quanto riguarda la gamma Alfa ci apprestiamo quindi a vedere Mito e Giulietta prodotte in Europa su meccaniche e pianali Fiat, mentre i segmenti superiori saranno basati su tecnologia Chrysler, prodotti in USA ed eventualmente anche in Europa. Allo stesso modo anche per Lancia avverrà una rapida integrazione con il gruppo americano, non a caso sotto la guida dell’uomo del “miracolo Lancia” Olivier Francois, AD “non temporaneo” – come ha sottolineato Marchionne – di entrambi i marchi. In questo caso i benefici saranno da un lato la disponibilità per Chrysler di prodotti dal segmento B al D (dalla nuova Ypsilon alla Delta), mentre dall’altro la possibilità per Lancia di sostenere l’alto di gamma con vetture derivate dalle Chrysler 300 e Voyager, che saranno commercializzate con marchio esclusivo in Europa. A completare il quadro dei piani Lancia anche la possibilità di realizzare una vettura di dimensioni ridotte rispetto a quelle della Delta, da contrapporre ad Audi A3 e BMW Serie 1.

Con Chrysler assente dall’Europa (la Lancia assorbirebbe anche la rete distributiva), e il marchio torinese che non si presenterebbe negli USA e in diversi paesi extraeuropei, gli ulteriori dettagli del piano per Alfa e Lancia sono attesi per la primavera del prossimo anno.

Con riferimento ad altre affermazioni dell’ultimo mese, Marchionne si sarebbe lamentato dei continui cambiamenti di strategia e dei conseguenti pesanti costi sostenuti per l’agognato rilancio dell’Alfa Romeo. Il quadro attuale in effetti è desolante; nonostante i nuovi prodotti e la fama di cui tuttora gode sui mercati esteri, la casa del Biscione produce oggi circa 100.000 auto all’anno, la metà di quante ne produceva appena dieci anni fa.

E il “raffreddamento” della strategia Alfa (dopo la Giulietta tutto è ancora da definire) potrebbe anche lasciare aperta la porta ad una progressiva scomparsa del marchio, cosa che però non è mai stata detta esplicitamente. Questa ipotesi, come per Lancia, deriverebbe dall’interpretazione di una frase che suona “…costa un sacco di soldi mantenere un brand”.

Un brand “emozionante” ha però un grande valore, anche economico. Ne sanno qualcosa quei costruttori che hanno dovuto realizzare un marchio premium partendo da zero o quasi, come negli anni ’90 hanno fatto Toyota e Nissan rispettivamente per Lexus ed Infiniti, o quelli che hanno invece puntato sulla carta dell’acquisizione come Volkswagen per Bentley e Lamborghini, Bmw per Rolls Royce, e la Ford che ad un certo punto si è ritrovata – con risultati non sempre lusinghieri – a gestire le sorti di Jaguar, Volvo, Aston Martin e Land Rover. Certo anche i gruppi che hanno puntato sulle sinergie hanno spesso sofferto come è accaduto alla Ford ma anche alla GM, che ha ceduto il comparto Hummer ma non è riuscita a fare altrettanto per la Saab, il cui destino continua ad essere incerto…

Se la soglia di sopravvivenza di un gruppo automobilistico è pari a sei milioni di pezzi, come lucidamente afferma Marchionne, è impensabile non coprire i settori di maggior produttività con marchi fortemente differenziati nell’immagine che abbiano capacità di attrazione su fasce diverse di clienti, anche a costo di produrre le Alfa in USA o di vendere in Europa delle Chrysler 300 con calandra e personalizzazione degli interni Lancia.

Certo, domani ancora più di oggi, azzeccare un profilo di prodotto coerente con le caratteristiche del marchio è impresa non facile ed è il vero nodo del problema. Non è certo cosa facile replicare il fenomeno 500, nel senso della perfetta corrispondenza tra attesa e prodotto, ma non credo comunque ad una progressiva scomparsa del marchio Alfa Romeo o ad un mercato limitato ai confini nazionali per Lancia. Ma il problema è davvero legato alla notorietà del marchio o deve essere ricercato piuttosto nel prodotto e nella rete di vendita?

Anche se a marzo sapremo tutto del futuro di Alfa e Lancia, mi domando se questo non sia il momento giusto per accapparrarsi invece brand in svendita come Volvo o Saab, e per stringere magari con Tata un accordo che coinvolga Jaguar nella strategia globale dei premium brand non tedeschi. Staremo a vedere, io sono ottimista, non per cuore ma per ragione.

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