FCA US: il fallimento delle compatte americane

Fabrizio Brunetti
02 Agosto 2016
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FCA US: il fallimento delle compatte americane

Dodge Dart e Chrysler 200 chiudono anticipatamente una sfortunata carriera; la Chrysler 100 addirittura non è mai nata; è una sconfitta definitiva?

Dodge Dart e Chrysler 200 chiudono anticipatamente una sfortunata carriera; la Chrysler 100 addirittura non è mai nata; è una sconfitta definitiva?

Non è tempo di risultati trionfali, ma le semestrali dei produttori auto marcano comunque per alcuni buoni risultati e conferme di target di piano. Jaguar-Land Rover, Volvo, Mercedes Benz, Nissan-Renault, GM per esempio, e tra i soddisfatti e motivati anche FCA che, mantenendo sostanzialmente le vendite (1,17 ml su 1,19 del semestre 2015), diminuisce l’indebitamento (5,4 mld su 6,5), migliora ricavi e utili e conferma gli obiettivi, sperando anzi di chiudere l’anno in qualcosa di ancor migliore dell’atteso.

Nel prosieguo della crisi del mercato brasiliano, leader per Fiat, l’avvio di produzione brasiliana di Jeep Renegade, la partenza prepotente del pick up Toro, la crescita Europa, hanno compensato in buona parte la diminuzione totale dei numeri ma hanno migliorato i margini, spostando man mano la centratura sui prodotti premium.

Tutto bene dunque? No, restano una serie di incognite aperte e brucia l’insuccesso di specifiche aree della strategia globale. L’incognita principale è lo spazio concreto (vendite, numeri, ricavi, margini) e il credito che riuscirà a conquistarsi la rifondata Alfa Romeo, invocata a simbolo e portabandiera dell’autorevolezza nel mercato premium dei marchi italiani di prestigio.

Maserati si sta consolidando e tra poco avremo il ritorno dei numeri che farà Levante; speriamo che Alfieri non tardi o peggio, insomma che lo slancio del tridente non rallenti, ma certo l’orizzonte appare più sereno rispetto alla “mission (forse) impossibile” affidata ad Alfa. Giulia è ai nastri di partenza, a fine anno avremo una prima proiezione concreta della sua capacità di affermazione e da gennaio inizia la carriera del cross over Stelvio che potrebbe, nei desideri del Biscione, scavalcare nelle vendite la berlina.

Insomma una partita tutta da vedere che non ha ancora prodotto effetti sui risultati.In apparente contrasto con la strategia premium che guida FCA, il mix costi/contenuti che è alla base dell’inatteso successo della nuova Tipo sta sostenendo i conti, ma paradossalmente anche l’immagine, del marchio Fiat. Dunque, mercato Europa, prodotto generalista, marchio Fiat, un successo. Mercato americano, l’esatto opposto, solo spine dolorose.

Prima costola del matrimonio Fiat-Chrysler, le berline compatte e medie che nascono su piattaforma e motorizzazioni Fiat – Dodge Dart e nuova Chrysler 200 (avrebbe dovuto esserci anche la due volumi 5 porte Chrysler 100) – falliscono clamorosamente gli obiettivi e dopo una affannosa ricerca di affidamento di produzione in outsourcing che non ha trovato partner disponibili, annunciano la propria morte, il prossimo settembre la Dart e il 31 dicembre la 200.

Le loro linee lasceranno spazio a Jeep e RAM, prodotti premium con richiesta e margini. I numeri, come sempre, fotografano in modo impietoso il disastro. Nei primi sei mesi la “fresca” 200, a un anno e mezzo dal lancio, crolla da 106.000 a 41.000 unità vendute (- 60%), le americane concorrenti fanno 147.000 la Ford Fusion, 176.000 GM tra Chevrolet Malibu e Impala, le leader giapponesi del mercato mid-size sedan, Nissan Altima 173.000, Honda Accord 170.000, 200.000 la Toyota Camry.

Non va meglio per la compatta Dodge Dart, da 49.000 del semestre 2015 alle 29.000 di quest’anno. Già prima del crollo i prodotti generalisti di FCA US non producevano margini, ora si centra tutto su Pick Up, SUV e alto di gamma, solo mercato premium e infatti le prossime mosse saranno tutte centrate sui top di gamma, per Jeep, col ritorno al mercato del superlusso delle Grand Wagoneer, per Dodge, RAM e Chrysler che, oltre ai SUV e Pacifica punterà sulla prossima generazione della flagship 300.

Uscire da perdenti da un segmento – medie e compatte – che sul mercato US (da 16 ml di veicoli all’anno) è pur sempre il secondo, certamente brucia, è un forte danno d’immagine, agita le reti di vendita, ma in effetti dal punto di vista del risultato ad oggi il male minore è uscire da dove non si è competitivi né profittevoli.

Dunque FCA US presente in futuro solo nei prodotti premium? Certamente sì, salvo che la ricerca di un’alleanza, sempre aperta, non si concluda  con un grande produttore, più probabilmente asiatico, in grado di abbattere drasticamente i costi dei prodotti generalisti.

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