Ginevra 2014: promossi e bocciati, sfarzi e imbarazzi

Fabrizio Brunetti
10 Marzo 2014
Ginevra 2014: promossi e bocciati, sfarzi e imbarazzi

Curiosando tra gli stand, tra le novità, le collocazioni strategiche, i messaggi della più importante vetrina dell’automobile mondiale.

Curiosando tra gli stand, tra le novità, le collocazioni strategiche, i messaggi della più importante vetrina dell’automobile mondiale.

Non si finisce mai di stupirsi di come il Salone dell’Auto di un paese che non ha industria automobilistica possa continuare ad essere quello più importante dell’anno, quello al quale nessuno vuol mancare e a cui si riservano le novità più significative e i concept più avanzati.

E, poiché è una vetrina importante, ogni sfumatura, dal posizionamento degli stand, alla disposizione delle vetture, alle conferenze stampa di presentazione, assume un preciso significato. Facciamo un esempio con le scelte del primo Salone per FCA, di Fiat e Chrysler ormai fuse in unica entità. Ebbene lo spazio e la posizione assegnata a ciascun marchio del gruppo è un preciso messaggio, nel bene e nel male.

Così come è evidente l’abbandono e la probabile ultima presenza di Lancia, relegata ad un imbarazzante mini stand di angolo nel quale erano solo quattro Ypsilon – che stilettata al cuore pensando che a questa manifestazione il già nobile marchio torinese del lusso raffinato non è mai mancato e proprio a Ginevra hanno debuttato miti come le Fulvia Berlina e Coupè -, la sobrietà di quello Fiat, contenuto negli spazi per dare spazio alla ribalta Jeep, che presentava due novità fondamentali in termini “globali” come Cherokee e il piccolo Renegade. Peraltro le due nuove Jeep, che nascono entrambe da piattaforme Fiat e che nel caso di Renegade sono costruite in Italia, rappresentano platealmente la vocazione di marchio globale del mito americano e Jeep verranno prodotte in ogni area del mondo, Usa, Italia, Russia, Brasile, Cina.

Nella posizione di maggior visibilità, come sempre Ferrari, che presentava la California T, corretta e “pulita” in tutti gli elementi che avevano suscitato critiche nella prima versione. Accanto una trionfante Maserati, protagonista di un anno straordinario e che presentava la strepitosa concept Alfieri, che, ha precisato Marchionne, potrebbe andare in produzione in due anni, e che mostrava in un livrea argento il posteriore più sexy del Salone, evidente omaggio al profilo tondo di coda della mitica barchetta A6CGS.

Stesso spazio dell’anno scorso, ma con esposizione diversa, per la “promessa di rinascita” Alfa Romeo, ancora povera di modelli, ma appunto carica di promesse e che affida la proiezione della sua immagine futura alla piccola sportiva pura 4C, qui al debutto nella versione Spider. A proposito, abbiamo scambiato due chiacchiere con il responsabile dello stile della 4C, notando la ricomparsa sullo Spider della carenatura dei fari anteriori, in sostituzione dei gusci in Carbonio del Coupè. Ora sappiamo che la scelta, dai più criticata, della vasca in Carbonio al posto della carenatura, era nata dalla spasmodica ricerca di leggerezza e aveva fatto guadagnare quei 2 kg, necessari per rientrare nella soglia degli 895 kg, anziché 897! Ma chi sceglierà lo Spider difficilmente ci girerà in pista, dice Tencone, e allora bentornati i fari carenati con i loro 2 kg in più.

Spazio laterale per le icone americane del gruppo, irrilevanti nei numeri europei ma dalla forte immagine come le Muscle Car Viper GTS e Dodge Charger e il mastodontico RAM. Il layout degli stand e la scelta dei modelli rivela molto più delle parole sulla strategia di un gruppo.E quello di FCA è naturalmente lo stesso copione degli altri grandi costruttori.

La galassia Volkswagen per esempio, immutata negli spazi e nelle disposizioni, assegna la posizione principe a mamma Volkswagen, con accanto Skoda. Di fronte Seat e il piccolo stand Giugiaro, in fase di creatività calante.Piccolo ma elegante Bentley, di nuovo gran spazio per Audi, Porsche, centrale e in posizione dominante come Ferrari e Maserati per FCA, e infine Lamborghini.

Renault e Nissan affiancati, Dacia separata e nel padiglione successivo, accanto ad Opel. A proposito di Renault la discussa “prima” di Twingo a motore posteriore e antesignana  delle due declinazioni che avrà con marchio Smart – ForTwo e ForFour -.Sono perplesso, graziosa ma meno personale delle ultime fortunate Renault, troppo colorata e orpellata di strisce di varie fogge, la Twingo dichiara tra i vantaggi della scelta controcorrente l’abitabilità rispetto al contenimento delle dimensioni ed il ridotto diametro di sterzata. Per lo sterzo senz’altro le ruote anteriori libere, non di trazione, hanno un angolo di sterzata più favorevole rispetto ad una piccola a trazione anteriore, ma non credo che l’utente se ne accorgerà nell’utilizzo pratico, essenzialmente cittadino. Per l’abitabilità rispetto agli ingombri – 3,59 metri la lunghezza con un interasse di 2,49 – è certamente buona ma ad esempio il trio diretto antagonista – Toyota Aygo/Citroen C1/Peugeot 108  – con gli stessi ingombri, anzi leggermente inferiori, non fa certo peggio, per giunta con un vano bagagli sicuramente più capiente di quello microscopico della Twingo, limitato in altezza dallo spazio rubato dal motore posteriore, incapsulato sotto il piano di carico. Per giunta, il corto cofano anteriore, dalla complessa apertura, ospita solo servizi e neanche lo spazio per una borsa. E’ stato divertente osservare i furiosi tentativi di apertura del cofano anteriore e di accesso al motore posteriore, dei soliti, ingegneristici giapponesi e coreani e le loro reazioni deluse. Insomma non so se la scelta controcorrente di Renault (e Daimler per la partnership Smart) sia pagante dal punto di vista tecnologico, commerciale e sotto il profilo dei costi di produzione. Staremo a vedere l’accoglienza del pubblico e i risultati.

Tra le accoglienze tiepida metterei anche la nuova Audi TT della terza generazione…davvero arduo distinguerla dalla seconda. Così come è deludente nello stile e inutilmente pesante e “lavorata” la maxi Coupè della Mercedes Serie S, importante certo, ma lontanissima dalla purezza stilistica della mitica SEC di Bruno Sacco del 1981, mai ritrovata nelle quattro diverse S coupè che si sono succedute dopo di lei sino ad ora. E a proposito di brutte, ancora una volta darei a BMW la palma del vincitore. Dopo le ineguagliabili GT Serie 3 e Serie 5, la sconfortante monovolume compatta a trazione anteriore Serie 2 Tourer, che fa fare per differenza una bella figura alla piatta e noiosa Mercedes Classe B, il che è tutto dire.

Meno male che a rifarci gli occhi c’erano la splendida Jaguar F Type Coupè, compatta, bella e aggressiva come lo Spider, la già citata Maserati Alfieri e il suo eccitante didietro, certo un concept ma dal futuro molto, molto probabile, la, anch’essa già citata, Ferrari California T, ora perfetta nella sua armonia, la Porche 911 Targa tornata alla soluzione antica del fascione centrale con cristallo avvolgente, e bella ed elegante, la nuova Ford Mustang.

Ma non solo macchine da sogno meritano le quattro stelle, anche la simpatica Panda Rock, davvero riuscita, l’originale Jeep Cherokee, il nuovo Nissan Qashqai. Tre stelle meritano le nuove Cadillac compatte, migliorate nello stile e con una meccanica grintosa ed europea, il piccolo Jeep Renegade, non bello ma “molto Jeep”, le tre sorelline Aygo/C1/108 che almeno ora sono più differenziate tra loro, l’originale Citroen Cactus, interessante senz’altro, forse non audace fino in fondo come la sua idea progettuale avrebbe meritato.

Non ho citato tra le supercar bellissime la nuova Lamborghini Huracan, non perché sia brutta, per carità, ma perché è corretta ma fredda, niente a che vedere purtroppo con la cattivissima, bollente, arrogante sorellona Aventador. E per chiudere una citazione doverosa per l’immutabile, imperturbabile Morgan, sempre nello stesso posto, con le stesse romantiche auto artigianali fuori dal tempo, ma con tante emozioni da esprimere.

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