Salvare Lancia? Si può, anzi conviene

Fabrizio Brunetti
21 Giugno 2013
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Salvare Lancia? Si può, anzi conviene

Un’iniziativa sul web mobilita i tanti appassionati del marchio. Ma, al di là della passione, valorizzare Lancia può essere un buon business?

Un’iniziativa sul web mobilita i tanti appassionati del marchio. Ma, al di là della passione, valorizzare Lancia può essere un buon business?

Ripensateci! È il grido che il popolo degli appassionati Lancia rivolge in una petizione su web, “Salviamo lo storico brand Lancia“, creata sul sito change.org e indirizzata alla nuova responsabile del brand Antonella Bruno.

La raccolta delle firme procede con celerità ed ho letto con interesse pareri e commenti degli appassionati, italiani e stranieri, che assomigliano tanto ai commenti sulle scelte del “mister” al lunedì dopo le partite di calcio.

Nel senso che trasudano passione ed affezione per la storia di eccellenza di Lancia, ma sono per la maggior parte lontani da valutazioni concrete sulla fattibilità e redditività del business.

Eppure ci sono anche argomentazioni che entrano nel vivo della domanda fondamentale, ovvero se ci sia spazio e possibilità per Lancia di diventare un’arma vincente nella redditizia competizione dei marchi premium.

Marchionne qualche mese fa, nell’annunciare la rivoluzione strategica dell’assalto ai mercati premium, con una valanga di novità e forti investimenti per i due marchi più famosi del gruppo dopo Ferrari, cioè Alfa Romeo e Maserati ed aver allo stesso modo scommesso sul futuro premium, come marchi autonomi, di 500 e Panda, ha liquidato il futuro di Lancia con una battuta secca, nel suo stile, che suonava: “Lancia? Di certo solo Ypsilon, che è una piccola premium di successo, ma tanti punti interrogativi sul resto; in una strategia premium meglio puntare solo sui brand Alfa e Maserati, che hanno notorietà su tutti i mercati, non come Lancia che ha i suoi mercati regionali solo in Italia e parte dell’Europa, ma è quasi sconosciuta altrove”.

Quindi nel piano non c’è nulla previsto per Lancia nei prossimi tre anni se non l’aggiornamento della Ypsilon e, forse, l’erede della Delta, in comune con Chrysler e le altre segmento C/D del Gruppo.

L’annuncio è stato interpretato come un abbandono del marchio e così hanno titolato tutti i media; sugli spalti Alfa e Maserati, fine annunciata per Lancia, relegata alla Ypsilon.

Una dichiarazione che ha destato sconcerto per il repentino abbandono della conclamata integrazione totale con Chrysler che aveva come primo frutto ampliato la gamma Lancia con l’ammiraglia 300C/Thema e il grande monovolume Voyager.

Taccio volutamente sull’infelice rispolvero del nome Flavia per la versione Cabrio della vecchissima Chrysler 200, che è nullo dal punto di vista commerciale ed ha fatto comunque indignare i fedelissimi Lancisti.

Il risultato di mercato è stato ed è deludente, queste Lancia “americane” solo rimarchiate sono state subito condannate dalla mancanza di credibilità e autorevolezza.

Anzi, a dirla tutta, mentre il tema apparentemente più facile, il monovolume Voyager al posto di Phedra, un Chrysler al posto di un Peugeot, si difende appena, una piccola sorpresa si sta rilevando quella Thema in cui non crede nessuno, meno di tutti Fiat, e che invece cresce in vendite e immagine, pur rimanendo su numeri modesti.

Constatato il flop di un operazione davvero maldestra (ma come si poteva pensare che potesse avere autorevolezza un prodotto Lancia differenziato solo nel marchio e nella grafica rispetto a quello Chrysler?), constatato che il piccolo miracolo riuscito con Fiat Freemont non poteva riuscire per qualcosa marchiato Lancia, la decisione drastica e fin troppo facile è stata di mollare tutto e subito e puntare, a risorse limitate, solo sul rilancio di Alfa e Maserati.

Giusto? Per certi aspetti senz’altro sì, realistico almeno, e la nuova strategia premium consente finalmente di immaginare un vero rilancio di Alfa Romeo dopo anni di ignominiosa marginalità, così come di assicurare un futuro alle produzioni in Italia, care, giustificabili solo per prodotti che hanno margini elevati.

Ma, aver scelto questa via di attacco ai mercati premium rappresenta proprio la maggiore contraddizione, industriale, non sentimentale o emotiva, sull’abbandono di un marchio premium come Lancia.

Cioè se prima del piano “premium”, nell’ottica strategica di centrare le produzioni di Alfa Romeo in USA, negli impianti di Chrysler, sacrificare un ruolo premium di Lancia poteva avere una sua logica, una volta deciso di rivoluzionare l’approccio e produrre in Italia, con orgoglio, le premium del Gruppo, rinunciare a Lancia non ha più senso, anzi è certamente un errore di strategia industriale.

Se negli stessi impianti si producono, Maserati Ghibli e ammiraglia Alfa Romeo, Giulia e Giulietta e negli atelier dei nostri artigiani dell’auto i modelli speciali come la 4C,  diventa inspiegabile la decisione di rinunciare a produrre a costi marginali così contenuti, una gamma premium di un marchio premium per eccellenza come Lancia.

Come già è accaduto con Musa e Phedra per esempio, il prodotto derivato Lancia costa poco e rende molto, utilizza piattaforme e linee comuni, basta solo personalizzarle.

Hanno ragione dunque i blogger ad immaginare un’ammiraglia Lancia derivata dalla Maserati Ghibli e dall’Alfa  169 o come si chiamerà, non sognano, fanno ipotesi di business.

Se c’è spazio, investimenti e piattaforme per due berline premium sportive, non è un sacrosanto errore industriale non coprire anche il segmento delle berline di lusso e di classe con un’ammiraglia Lancia? Stesso discorso per Giulietta/Giulia e Delta/Flavia, ci sono, perchè non sfruttare l’alternativa di lusso alle Alfa Romeo, quasi a costo (marginale) zero?

Il sentimento non c’entra, è un errore proprio sotto il profilo della strategia industrialeAvere un marchio premium e non sfruttarlo, ora che tutto sta per essere disponibile, è davvero un pesante, illogico errore.

Per questo sono convinto che Marchionne possa ripensarci, non per bontà o amore del passato storico di un marchio che peraltro personalmente non ama, ma proprio e unicamente perché è un’area di business interessante alla quale è autolesionistico rinunciare.

La presunta difficoltà ad affermare il marchio fuori dall’Europa poi è una banalità. Se c’è il prodotto vengono anche i mercati. Quando Lancia ha avuto grandi auto – Fulvia, Thema, Delta, HF, Stratos, Integrale – ha costruito miti universali, basta fare grandi auto.

E così come per le berline medie e grandi, oggi e non prima, c’è l’opportunità di creare  miti, come la 4C per Alfa Romeo.

Su quella meccanica e su quella piattaforma, leggerissima e ipertecnologica, sarebbe davvero possibile far rivivere il mito Fulvia Coupé e HF, con una produzione semiartigianale, piccoli numeri, prezzi da amatori, alti margini, enorme ritorno mediatico.

Niente sogni, solo business. Forse qualcuno, tra Torino e Detroit, ci sta ripensando, auguri Lancia!

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