Porsche: obiettivi, ambizioni e rischi d’immagine

Fabrizio Brunetti
25 Ottobre 2011
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Porsche: obiettivi, ambizioni e rischi d'immagine

Porsche lancia la sfida a Ferrari nelle grandi sportive aprendo al contempo la produzione a mercati più popolari: opportunità o rischio?

Porsche lancia la sfida a Ferrari nelle grandi sportive aprendo al contempo la produzione a mercati più popolari: opportunità o rischio?

Da quasi cinquant’anni Porsche per gli appassionati vuol dire 911. Era stato così anche prima con la 356, ma la piccola sportiva derivata dal maggiolino era un monoprodotto senza alternative, mentre in questi 48 anni dalla nascita della 911, sono tanti i modelli Porsche che hanno affiancato la mitica sportiva col boxer 6 cilindri a sbalzo posteriore, che anzi alle soglie degli anni ’80 era data per spacciata in favore di schemi meccanici più flessibili e più semplici nell’handling, come le quattro cilindri 924/944/968 o l’8V 928, tutti a motore anteriore e trazione posteriore.

Invece, anche se talvolta altri modelli Porsche hanno temporaneamente superato nei numeri di vendita la scorbutica, difficile sportiva tutto dietro, quello che è venuto dopo di lei non ha mai insidiato la sua notorietà e prestigio d’immagine ed ha avuto generalmente successo modesto e vita breve.

I tempi cambiano, Porsche è in via di completa integrazione nel gruppo Volkswagen ed ha fissato per il 2015 un obiettivo di raddoppio delle quasi 100.000 unità vendute nel 2010.

Così contemporaneamente alla presentazione dell’ennesima versione della 911, la 991, che debutta a Francoforte, l’AD Matthias Muller nell’intervista ad un quotidiano tedesco ha tracciato, nel consueto bellicoso stile del gruppo tedesco, le linee d’invasione di mercati che ancora Porsche non presidia.

In particolare la novità è la dichiarata intenzione di occupare il terreno elettivo di caccia della Ferrari, con l’inserimento di sportive Porsche sopra la 911 e nella fascia di prezzo che va dai 250.000 ai 500.000 euro.

Dunque oltre all’esclusivissima 918 da € 750.000, qualcosa, ha affermato Muller, che somigli a quello che ha rappresentato negli anni ’80 la 959. La citazione è abbastanza singolare perché la 959 fu auto d’immagine ma non certo di numeri, con i 288 esemplari prodotti tra il 1986 e il 1988.

Il senso voleva probabilmente alludere ad una sportiva Porsche superiore alla 911 ma che ne conservasse la particolarità distintiva rispetto alle altre sportive di marchi come Ferrari, Aston Martin e la scomoda cugina in casa Lamborghini. Insomma non un banale coupé a motore anteriore ricavato dall’orribile Panamera (che forse ci sarà), ma una nuova sportiva GT a motore centrale, dotata di un 8 cilindri boxer anziché del V8 della Panamera/Cayenne.

La nascita di un 4 cilindri boxer turbo, destinato ad equipaggiare la “baby boxter” – sviluppata in comune con le spyder Volkswagen e Audi – offrirebbe l’opportunità di raddoppiare il 4 e farlo diventare un originale 8 boxer.

Dunque – oltre alla conferma di 911, Cayman/Boxter, Cayenne, Panamera, 718 – la gamma Porsche acquisirebbe la nuova maxi GT con l’otto cilindri boxer, la piccola roadster a quattro cilindri, che per distinguerla dalle altre due monterebbe un esclusivo (ed evocativo) 4 boxer, il SUV compatto Cajiun, anch’esso derivato da Audi Q5 e VW Tiguan ed entrerebbe nell’affollatissimo e redditizio mercato delle berline sportive del segmento E, con la Pajun.

I numeri per il raddoppio verrebbero in buona parte dalla roadster, dal Cajun e dalla Pajun; il prestigio invece dalla maxi GT a motore centrale, che potrebbe diventare il nuovo mito del marchio. Piano ambizioso, che presenta diversi rischi.

La storia dei precedenti tentativi di Porsche più popolari è costellata di insuccessi, come quello della VW/Porsche 914, poi la 924, la 944, la 968, tutte non amate e schifate dai porschisti duri e puri che hanno occhi solo per la 911. Sorte migliore non ha arriso neppure alla bellissima 928, che pur col possente V8 e una linea da 911, non ha mai conquistato il cuore degli appassionati.

Anche il SUV compatto Cajun corre il rischio di essere bollato come una Porsche di serie B derivata da altre Volkswagen, come, a maggior ragione, la berlina del segmento E, che condividerà molto con Audi A6 e Passat. Insomma è un progetto con molti rischi che come sempre si giocherà sulla capacità di far battere il cuore agli appassionati, di emozionare, di convincere il pubblico sulla “diversità” di una Porsche.

Sotto il profilo industriale poi, mentre a Porsche è stato affidato lo sviluppo della nuova piattaforma per l’alto di gamma del gruppo, proprio questa scelta ha ulteriormente acceso la rivalità interna con Audi che sino ad ora aveva una leadership incontrastata nell’alto di gamma, anche sportivo, del gruppo Volkswagen.

Malumori, lotte di potere, dubbi sull’accoglienza dei mercati per i prodotti più popolari. Queste le incognite del “quota 200.000” della Porsche prossima ventura. Una scommessa dall’esito incerto. Lunga vita comunque all’amatissima, mitica 911, che nella sua nuova veste ci accompagnerà almeno per i prossimi cinque anni.

Questo era il quadro del piano di prodotto sino a qualche settimana fa, quando una minacciosissima nube ha bruscamente allontanato nel tempo e riempito di interrogativi la prospettiva di una fusione a breve di Porsche nella galassia Volkswagen.

L’azione legale degli azionisti Porsche nei confronti dell’avventuroso vertice capitanato da Wendelin Wiedeking, che nell’ottobre del 2008 aveva annunciato un’inesistente acquisto del 75% di VW, ha aggiunto una nuova accusa alle precedenti di aggiotaggio e divulgazione di informazioni riservate, imputando a Wiedeking e all’ex direttore finanziario Haerter anche la malversazione.

L’effetto è stato un crollo del valore dei titoli Porsche, di ulteriore difficoltà nel quantificare il rischio economico di una fusione e nella valutazione dei miliardi di euro di perdite Porsche.

L’effetto certo di questa nuova puntata dell’oscura vicenda è il rallentamento o addirittura la cancellazione del piano di fusione, previsto inizialmente entro l’anno.

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