Lotus Esprit, un classico senza tempo

Redazione
20 Febbraio 2010
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Lotus Esprit, un classico senza tempo

Sportiva, compatta e agile, la berlinetta ha calcato la scena per 35 anni. Parte del successo è anche italiano, grazie al design Giugiaro

Sportiva, compatta e agile, la berlinetta ha calcato la scena per 35 anni. Parte del successo è anche italiano, grazie al design Giugiaro

A 35 anni dalla sua presentazione la Lotus Esprit è un classico intramontabile, come il quadro di un grande artista, o la canzone in grado di infiammare generazioni di fan, grazie ad una linea fuori dal tempo e a prestazioni ancor’oggi di rilievo.

La storia di questo modello unisce la tradizione motoristica “Made in England” ad un pizzico di orgoglio italiano. La vettura nasce infatti dalla matita di Giorgetto Giugiaro, contattato agli inizi degli anni ’70 per dare forma a una due porte compatta, leggera e avveniristica. Detto fatto, nel 1972 viene presentato all’Esposizione dell’Auto di Torino il prototipo Silver Car, che a Ginevra, l’anno successivo, sarà presentato come Esprit. Una scelta frutto del confronto tra il designer piemontese, che aveva proposto la denominazione Kiwi, e Colin Chapman, il leggendario proprietario del marchio, più propenso a seguire la tradizione dei modelli Lotus, aventi come lettera iniziale la E (Elise, Europa).  

Esprit S1 (1975-78)

Forte della sua esperienza nel mondo delle corse, Chapman intende proporre sulla scena un’auto veloce e tecnologica, ma nel contempo sicura, confortevole e non eccessivamente costosa. Per il telaio e la componentistica si pesca direttamente dalla Formula 1: la Esprit è dotata di un telaio a trave centrale e sospensioni a quattro ruote indipendenti, con quelle anteriori a triangoli sovrapposti. Una soluzione particolarmente evoluta, in grado di garantire stabilità e maneggevolezza.

Il motore in posizione posteriore centrale era un quattro cilindri di 2 litri con alimentazione a carburatori e una sofisticata distribuzione a 4 valvole per cilindro in grado di erogare 160 cavalli. La trazione è posteriore. Il progetto prevede una distribuzione dei pesi ottimale, per una massa inferiore nel suo complesso ai 900 chilogrammi. Un risultato straordinario, reso possibile dalla carrozzeria in vetroresina, accuratamente modellata in galleria del vento, e di provata efficacia anche nelle prove di crash test.

Nel 1975 la Esprit è pronta per fare il suo ingresso sul mercato e rimane in produzione fino al 1978. Raggiunge i 210 km/h, valore inferiore alle concorrenti Ferrari e Porsche, che tuttavia devono pagare dazio sullo spunto. Questa Lotus è davvero imprendibile, e raccoglie consensi anche per lo stile futuristico, evidenziato dal frontale piatto e dai proiettori a scomparsa. Non a caso anche il mondo del cinema si accorge della vettura, scelta e trasformata in una curiosa versione anfibia per la missione Agente 007 la spia che mi amava di James Bond.

Esprit S2 (1978-81)

Nel 1978 giunge il momento di proporre qualche aggiornamento. Le attenzioni dei tecnici si concentrano principalmente sulla resistenza del corpo vettura migliorata con l’adozione di uno spoiler anteriore e dei deflettori aerodinamici ai finestrini posteriori che contribuiscono al raggiungimento di un Cx pari a 0,335. Tra le altre modifiche si segnalano i nuovi gruppi ottici posteriori, gli stessi della Rover SD1. Alla fine dell’anno arriva anche la serie limitata John Players Special, un omaggio al team Lotus F1. Prodotta in 150 esemplari si distingue per le livrea nera con finiture dorate.

La JPS oggi fa gola ai collezionisti, così come la S2.2,  versione che nel 1980 introduce un nuovo motore, ora di 2174 cc. Cavalli e prestazioni rimangono invariate, migliorano invece le doti di elasticità.

In primavera negli stabilimenti di Ethel nasce invece la Esprit Turbo Essex, variazione sul tema presentata in occasione di un party organizzato a Londra dalla Essex Petroleum. Il 2.2 litri viene dotato di un compressore Garrett T3 con intercooler: la potenza schizza a 210 cavalli, la velocità a 235 km/h, mentre per accelerare da 0 a 100 si impiegano meno di 6 secondi. Esteticamente si segnalano cerchi in lega dal disegno specifico, assetto ribassato, frangiluce per il lunotto posteriore, alettone posteriore e interni in pelle.

Esprit S3 (1981-87)

L’evoluzione della berlinetta prosegue senza sosta. Nel 1981 arriva la terza generazione, contraddistinta dalla colorazione in tinta anche per i paraurti. Gli interni vengono completamente rinnovati, a cominciare dall‘impianto di insonorizzazione, più efficace del 50% rispetto al precedente. Il disegno dei cerchi riprende il motivo della Essex, riferimento pressochè replicato dalla variante Turbo. Sotto il portellone scompare definitivamente il motore 2.0, al suo posto ora viene offerto solo il 2.2. Al Salone di Londra 1987 compare una versione HC, differente dalla Turbo per il rapporto di compressione più elevato. La potenza sale di altri 5 cavalli, per un totale di 215.[!BANNER]

Esprit (1987-93)

L’impegno nel mantenere lo stile della Esprit al passo coi tempi è evidente con la presentazione del Model Year 1987, che oltre a paraurti di dimensioni maggiori segna l’eliminazione del portellone posteriore sostituito da un cofano motore piatto: per la prima volta il disegno originario di Giugiaro viene modificato. Nella versione aspirata il 4 cilindri eroga 172 cavalli, mentre i 215 della Turbo salgono nel 1989 a 264. Nasce anche una versione Turbo SE, dotata di iniezione elettronica, minigonne con prese d’aria integrata e un nuovo spoiler. Gli interni si fanno più moderni e completi, conservando sempre eleganza ed esclusività in pieno stile inglese.  

Nel 1991 la gamma si arricchisce di una versione intermedia, la Turbo S con motore da 228 cavalli, l’anno successivo la SE monta un vistoso alettone incernierato al padiglione.

Esprit S4 (1993-98)

Con l’edizione 1993 la versione d’ingresso della gamma Esprit propone il motore 2.2 litri turbo con 264 cavalli.

Nel listino compare anche la versione speciale 300 Sport, replica della Esprit X180R impegnata nei campionati turismo di Europa e Stati Uniti nel biennio 1991-92. Grazie alla potenza massima del motore portata a 300 CV e all’alleggerimento della carrozzeria di oltre 200 kg, la 300 Sport – dotata di vistose appendici aerodinamiche e cerchi in lega OZ – garantiva prestazioni riservate a pochissime altre supercar del periodo

Sulla scorta dei consensi raccolti tra gli appassionati nel 1995 entra in listino la S4S, versione dall’abito più gentile rispetto alla Sport. Un cocktail che si rivela vincente, al pari della scelta di rendere meno spinta (240 cavalli in luogo di 264) la “entry level” di gamma, dal 1997 identificata con il codice GT3.

Esprit V8 (1996-2004)

Nel 1996 i tecnici Lotus giudicando ormai inadeguata la cilindrata dell’unità motrice adottata sulla Esprit, progettano un motore V8 in alluminio con cubatura di 3,5 litri, che grazie a due turbocompressori raggiunge una potenza di 355 cavalli. Con un peso di 1.380 Kg, le prestazioni conoscono un deciso miglioramento: nello spunto da 0 a 100 si fissa il cronometro a 4.8 secondi, in velocità si raggiungono invece i 280 km/h. 

La nuova Esprit V8 ha un quadro strumenti più moderno, nuovi paraurti e cerchi in lega da 18 pollici. Seguiranno diverse serie sepciali: GT, SE e Sport 350, creata nel 1999 come replica stradale degli esemplari impegnati nelle competizioni.

Per celebrare i 30 anni dalla presentazione del prototipo Silver, il Centro di Design della casa propone nel 2002 una versione caratterizzata da un marcato restyling della sezione posteriore dove compaiono nuovi fari circolari. L’ultimo esemplare della gloriosa sportiva inglese (numero 10.675) uscirà dalla catena di montaggio esattamente sei anni fa: il 20 febbraio 2004.

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